NON SOLO STELE
Pontremoli, piazza Unità d’Italia. Appaiono ubicate sullo stesso lato della piazza, a pochi metri di distanza, e l’una sembra ricordare all’altra il perché della loro presenza in un paese forestiero. In entrambi i casi si tratta, infatti, di un omaggio alla città natale da parte di coloro che nel secolo scorso sono emigrati in cerca di fortuna in Inghilterra e in Francia.
Da Londra proviene un esemplare di cabina telefonica la cui tipologia ha rappresentato, e continua a rappresentare tutt’oggi, un’icona del Regno Unito. Quando a partire dagli anni ’90 l’ascesa inesorabile della telefonia mobile ha costretto anche la British Telecom a procedere alla rimozione dalle strade e dalle piazze di Londra di questi famosi “parallelepipedi scarlatti”, la comunità pontremolese ha pensato bene di acquistarne una e di spedirla in patria.
Anche l’altro oggetto della piazza è un simbolo del paesaggio urbano ottocentesco, questa volta però di Parigi. Si tratta di una fontana “Wallace”, dal nome del filantropo inglese, Sir Richard Wallace, che donò un centinaio di manufatti come questo a Parigi in un periodo molto buio per la città (sconfitta contro i prussiani e disordini pubblici durante la Comune). In quegli anni molti acquedotti erano andati distrutti e l’acqua da bere aveva costi esorbitanti. Si può ben immaginare come la popolazione accolse questo prezioso e inaspettato regalo. Il modello della fontana è opera dello scultore Lebourg e le fusioni furono affidate a una delle più importanti fonderie al mondo di ghisa d’arte: la francese Val D’Osne.
Il disegno, invece, è dello stesso Wallace che ha attribuito molta importanza all’aspetto estetico. Le fontane hanno alcuni tratti specifici che le rendono inconfondibili: il caratteristico colore verde che si armonizza con la natura, il piedistallo a croce greca, le quattro eleganti cariatidi superiori che sostengono una cupola sormontata da delfini. L’acqua che fuoriusciva dalla fontana poteva essere bevuta mediante bicchieri di latta fissati con catenelle alla cupola.
Dalla piazza un breve tragitto a piedi conduce, attraverso il ponte della Cresa, al borgo murato di Pontremoli, centro medievale di grande interesse sorto sulla Via Francigena. All’interno del castello del Piagnaro sono conservate in un’ambientazione suggestiva le famose Statue Stele, sculture antropomorfe in pietra (IV-I millennio a.C.) di guerrieri e donne di rango dalla tipica testa a mezzaluna che sono il simbolo dell’intero territorio della Lunigiana.
Read MoreRiaperti i Giardini Reali di Venezia
Venezia, martedì 17 dicembre 2019, ore 12:15. Dopo anni di lavori riapre un angolo affascinante della città. Si tratta dei Giardini Reali, un parco verde dietro l’antica Zecca della Serenissima, a pochi metri dal campanile di San Marco.
A fare gli onori di casa il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro alla presenza del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e di Philippe Donnet, CEO di Generali, main partner, che ha contribuito al recupero di questo spazio. Il restauro è stato promosso e realizzato da Venice Gardens Foundation, presieduta da Adele Re Rebaudengo.
Prezioso l’apporto di Neri Spa cui è stato affidato il prestigioso compito di restaurare tutti i lampioni ottocenteschi che da sempre hanno illuminato, prima con il gas e successivamente con la luce elettrica, l’intera area del giardino. A questi si è aggiunto il recupero di una delle strutture più interessanti della seconda metà del XIX secolo, vale a dire l’elegante pergola in ferro e ghisa, che, con le sue 23 campate della lunghezza di tre metri ciascuna, sorrette da artistiche colonne, è nuovamente, da oggi, l’elemento caratterizzante l’architettura del luogo.
I Giardini furono voluti da Napoleone che intendeva usare come Palazzo Reale le Procuratìe (edifici che avvolgono Piazza San Marco su tre lati) anziché il Palazzo Ducale. Il passaggio di Venezia all’Austria bloccò il progetto imperiale; ciononostante si procedette, dopo l’abbattimento dei granai trecenteschi, a creare un’area verde di oltre 5.000 mq, in pratica un vero e proprio parco per Venezia, che come tale è sempre stato vissuto dalla cittadinanza, anche se in anni più recenti è andato sempre più degradando.
Il progetto di recupero dei Giardini Reali ne rispetta e valorizza la storia e apporta alcune novità, tra le quali il fatto che risultino più aperti, e dunque più accessibili, verso il bacino di San Marco. Inoltre possono beneficiare del ripristino del ponte levatoio che conduce al Palazzo della Zecca e alle Procuratìe, passando per il Museo Correr fino a Piazza San Marco.
Read MoreL’età d’oro di Portici
Ma perché il primo tratto di strada ferrata italiana fu proprio quello che collegava Napoli a Portici? Fu inaugurato esattamente 180 anni fa alla presenza di Ferdinando II di Borbone che salutò l’arrivo del convoglio dalla sua villa del Carrione al Granatello http://www.arredodesigncitta.it/compie-180-anni-la-prima-ferrovia-italiana/
Il piccolo centro vesuviano ospitava ormai da un secolo la residenza reale estiva, un’elegante reggia voluta da Carlo di Borbone[1] e divenuta nel tempo un polo di attrazione non solo per letterati e musicisti, ma anche per gli studiosi delle antichità classiche. Dopo la ripresa degli scavi di Ercolano, nel 1750, a fianco dell’edificio era stato costruito il Museo Ercolanese per ospitare i numerosi reperti rinvenuti nella città romana. L’intera area, considerata “sito reale” beneficiava di varie esenzioni fiscali che invogliarono ancora di più i cortigiani ad erigere a loro volta fastose residenze: ciò determinò un importante fenomeno urbanistico-architettonico noto con il termine di “Miglio d’Oro”.
La presenza in loco della nobiltà, con le sue innumerevoli esigenze, finì anche con l’agevolare la nascita di tutta una serie di attività tra cui si distinsero l’artigianato di grande pregio e lo sviluppo dell’industria del ferro, impiegato non solo in ambito ferroviario e militare, ma anche per produrre oggetti artistici per l’arredo urbano. Dalla metà dell’800 l’utilizzo della ghisa, in particolare, non poté mancare nel processo di rinnovamento urbanistico di Portici come dimostra l’installazione di candelabri per l’illuminazione pubblica di alcune zone centrali quali piazza San Ciro o davanti all’imponente facciata di Palazzo Buono Exedra.
Esemplari della stessa tipologia, caratterizzati da un basamento riccamente ornato, illuminavano anche la città di Napoli (Villa Comunale, piazze del Municipio, Plebiscito, San Domenico, Dante e Repubblica) dove, per la loro considerevole altezza, vennero anche sfruttati agli inizi del ‘900 per sostenere i fili sospesi della linea tranviaria.
L’argomento è stato da noi trattato in maniera più approfondita su alcuni numeri della rivista Arredo & Città:
http://www.arredoecitta.it/it/riviste/vestite-di-storia/ (pp.6-14)
http://www.arredoecitta.it/it/riviste/made-in-southern-italy/ (pp.7-17; 22-23)
http://www.arredoecitta.it/it/riviste/linfluenza-dellornato-classico-sulle-arti-applicate/ (pp.86-87)
[1] La casa reale lasciò la residenza di Portici dopo l’eruzione del Vesuvio del 1767, per trasferirsi nella grande Reggia di Caserta
Read MoreGli orologi di Berlino
Il primo orologio pubblico con indicazione e misurazione dell’ora su base astronomica, fece la sua comparsa a Berlino sulla facciata del vecchio edificio che ospitava l’Accademia delle Arti, lungo il viale Unter den Linden. Era stato costruito dall’orologiaio di corte, il signor Möllinger. Il secondo venne installato a terra nel 1869 davanti alla Corte Suprema e riscontrò un tale apprezzamento da spingere il magistrato preposto a replicare l’intervento con apparecchi simili in altri luoghi del centro.
Il crescente aumento dei trasporti, e la conseguente necessità di poter disporre in città di orologi pubblici che indicassero l’ora esatta, portò l’amministrazione comunale a stipulare sul finire dell’800 un contratto con una ditta privata per la fornitura di 100 colonne, le cosiddette Uraniasäulen (colonne Urania). Alte 4,5 m. e realizzate in ghisa, presentavano in cima un orologio con quattro quadranti illuminati dall’interno, mentre il fusto era destinato a ospitare annunci pubblicitari, ma anche informazioni di carattere generale (su alcune era esposta la pianta della città). Purtroppo l’azienda produttrice, che riteneva di potersi in parte finanziare con le entrate pubblicitarie, non raggiunse il successo sperato, anzi dopo la consegna delle prime 30 colonne dichiarò il fallimento.
Nel 1904 il Comune si adoperò per realizzare nuovi orologi alla cui gestione venne preposta la società “Normalzeit GmbH”. Tutti questi arredi, comprese le colonne Urania, divennero col tempo vittime dell’inflazione dilagante. I costi della manutenzione erano troppo alti e, in base al nuovo contratto che la città aveva stipulato nel 1922 con l’azienda Heinrichs & Klauder, si decise di rimuoverli e di sostituirli con 80 colonne pubblicitarie porta-orologio dalle forme più semplici ed economiche. Siccome erano vuote all’interno, lo spazio poteva essere sfruttato per scopi differenti, il più singolare dei quali era senza dubbio il ricovero di barelle e medicamenti utili a prestare il primo soccorso alle vittime di incidenti stradali.
A partire dal 1930 fecero la loro comparsa altri modelli di orologi pubblici, sempre a colonna, alcuni dei quali hanno contribuito con il loro design a caratterizzare il paesaggio urbano di Berlino fino agli anni ’60 del Novecento.
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Un incontro inaspettato!
Oggi è considerato un mestiere estinto, eppure bastano pochi passi nella Città Vecchia per constatare con i propri occhi che un esponente di questo lavoro, un tempo rispettabilissimo, esiste ancora. La città è la polacca Breslavia e il protagonista è il lampionaio, un omone alto e grosso che, alle dipendenze del Comune, ogni giorno accende e spegne da solo 103 lampioni funzionanti, come nell’Ottocento, a gas.
È affascinante osservarlo in azione avvolto nella sua livrea – mantello nero e cappello in testa - mentre stringe in mano il lungo bastone che ha la doppia funzione di spostare la leva di apertura del flusso del gas, posta alla base delle lanterne, e di accendere le fiammelle al loro interno. Cammina a passo deciso e si ferma solo pochi secondi sotto ogni lampione; poiché sono più di cento, il lavoro deve essere terminato prima che faccia completamente buio.
Negli ultimi anni la sua fama e popolarità sono andate aumentando al punto da diventare una delle principali attrazioni turistiche di Breslavia (Wroclaw in polacco), capitale storica della Slesia.
Ostrów Tumski, antica isola sul fiume Oder, oggi saldata alla terraferma, è il quartiere più antico, pittoresco e tranquillo della città. Qui si concentrano alcuni dei monumenti simbolo, come la Cattedrale di San Giovanni Battista, ma è tutta l’area a conservare l’aspetto e il fascino del borgo medievale con la sua atmosfera incantata e le strade acciottolate.
Per godere appieno della sua magia non si può mancare la passeggiata serale in ulica (via) Idziego, illuminata da una miriade di luci a gas, le stesse che si ritrovano anche alle due entrate del Ponte Tumsky, costruito in ferro e rinomato per lo scorcio romantico sul fiume. A quest’ora il lampionaio è già rincasato, ma qua sono tutti certi che riprenderà la sua attività alle prime luci del nuovo giorno.
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Le fontane “gemelle”
Nel 1863, in occasione delle celebrazioni per il matrimonio del principe Alberto (divenuto successivamente re con il nome di Edoardo VII), venne eretta a Northampton, nella centralissima Market Square, una fontana monumentale in fusione di ghisa, alta ben 14 metri.
L’opera, straordinaria, si componeva di un grande basamento artistico che fungeva sia da supporto alle quattro vasche per la raccolta dell’acqua, sia da sostegno a un’elaborata e slanciata colonna terminante con una lanterna alimentata a gas e impiegata per illuminare l’intero manufatto. La fontana è rimasta in piedi per un secolo dopo di che, causa l’incuria, il degrado e anche gravi atti vandalici, è stata demolita nel 1962 perchè ritenuta non più sicura.
Di recente ci è giunta notizia che in India, per la precisione a Mumbai, sopravvive un esemplare gemello realizzato nel 1867 in onore di Sir William Robert Seymour Vesey-Fitzgerald, ex governatore britannico di Bombay, e per questo conosciuta anche con l’appellativo di “Fontana Fizgerald”. Originariamente era collocata all’incrocio di Metro HINOX Cinema, mentre oggi si trova nell’area prospiciente il Dr. Bhau Daji Lad Museum, il Museo dedicato alla storia della città di Mumbai.
Lo stretto legame che intercorre tra i due monumenti è stato svelato qualche anno fa quando il team di restauratori incaricati del recupero si è avvalso della collaborazione dell’archeologo industriale Peter Perkins le cui indagini hanno permesso di risalire alla fonderia produttrice: la Eagle Foundry, la stessa che ha realizzato il modello identico di Northampton, e che, tra l’altro, era originaria proprio della città inglese.
Nel frattempo i lavori di restauro avviati sulla fontana di Mumbay stanno procedendo e si prevede di poterla ricollocare entro la fine dell’anno sul luogo d’origine. Per quanto riguarda quella di Northampton, invece, cresce da parte della cittadinanza il desiderio – che per ora rimane solo un sogno – di poterla ancora ammirare nella principale piazza cittadina. Oggi al suo posto sorge un semplice e anonimo bacino circolare in pietra, mentre a ricordo del pregevole manufatto in ghisa resta solo una targa in fusione conservata presso il locale Park Museum.
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