Placemaking: pensare e vivere lo spazio pubblico in modo diverso
Negli ultimi anni è emersa con forza la necessità di progettare gli spazi pubblici in modo più “partecipato”, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali. Si tratta di casi, però, ancora piuttosto isolati, di modalità progettuali poco sentite dagli architetti e dalle figure decisionali preposte, concentrate il più delle volte solo sulla fase di realizzazione e poco preoccupate dello step successivo, ovvero la gestione di tali spazi.
Questa nuovo approccio, denominato placemaking (o placemanagement) è stato teorizzato negli USA già a partire dal 1975 dall’associazione newyorkese Project for Public Spaces ed è oggi un movimento condiviso nell’ambito della progettazione degli spazi pubblici nell’ottica di farne il cuore pulsante di iniziative di rigenerazione nelle città. La metodologia si concentra sulla collaborazione tra attori pubblici e privati allo scopo di realizzare luoghi di qualità che possano favorire il benessere delle persone, siano essi parchi, centri cittadini, piazze, strade, quartieri, mercati, edifici pubblici.
L’atto progettuale non risulta quindi slegato dai bisogni dei fruitori, anzi mira alla definizione di spazi flessibili che, anche con spese decisamente contenute, possono accogliere gli utilizzi più disparati e soddisfare le necessità degli utenti, diventando il vero motore di alcune aree urbane, oltre che un formidabile punto d’integrazione.
Forse l’esempio di maggior impatto rimane la trasformazione avvenuta a New York dove sono attivi una settantina di distretti del commercio (Business Improvement Districts) che si occupano di trasformare quartieri metropolitani in luoghi attraenti non solo per chi li abita ma anche per visitatori e turisti, senza dimenticare gli interessi delle imprese che vi operano.
Predisporre e gestire tramite operazioni culturali è la chiave del metodo: basti pensare alle 5000 sedie verdi collocate a Bryant Park, divenute poi il simbolo della riappropriazione degli spazi pubblici della città di New York. Una sfida che nell’ultimo decennio, attraverso altri interventi (Hudson River Park, Times Square, Herald Square, Union Square, solo per citarne alcuni) ha cambiato il volto della metropoli statunitense, divenuta oggi una città verde e ospitale.
Questa esperienza spiega bene i meccanismi di governance e di compartecipazione finanziaria, anche dei soggetti privati, e le tipologie di servizi che possono ispirare i programmi di sviluppo dei distretti e delle città di altri paesi, Italia compresa. Ad oggi il movimento è infatti diffuso a livello internazionale e utilizzato da oltre 3000 comunità locali diffuse in 40 nazioni.
Read More21st CENTURY. DESIGN AFTER DESIGN
Torna a Milano la grande Esposizione Internazionale della Triennale. La XXI edizione – in programma dal 2 aprile al 12 settembre 2016 – si articolerà in mostre, eventi, festival, convegni, diffusi in tutto il capoluogo lombardo fino a comprendere ben 12 sedi espositive: Area della Triennale, Fabbrica del Vapore, Pirelli HangarBicocca, Campus del Politecnico e della IULM, MUDEC, Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, BASE, Palazzo della Permanente, Area Expo, Museo Diocesano e Villa Reale di Monza.
21st Century. Design After Design, titolo scelto per la manifestazione, ha per obiettivo non tanto quello di suggerire visioni sul futuro ma cercare invece di decodificare il nuovo millennio e di individuare i cambiamenti che coinvolgono l’idea stessa di progetto. Si può intendere infatti la preposizione “after” come un “dopo” da riferire alla progettualità successiva al Novecento, ma anche come “nonostante” nel senso di una nuova progettualità che si sta facendo strada a dispetto del persistere di condizioni ancora riconducibili al secolo precedente.
L’Esposizione toccherà tematiche chiave quali la “drammaturgia” del progetto che consiste, in particolare, nella sua capacità di confrontarsi con quei temi antropologici che la modernità classica ha spesso escluso dalle sue competenze (morte, sacro, eros, destino, tradizioni, storia). Ma anche l’impatto della globalizzazione sul design e le relazioni di quest’ultimo con le città, con le accessibilità offerte dalle nuove tecnologie di informazione e con l’artigianato.
Proprio il design e il popolo dei creativi “troveranno casa” a BASE, dove le sale dell’ex acciaieria Ansaldo di via Tortona ospiteranno dal 30 marzo – giorno del taglio del nastro – laboratori con vendita al pubblico, start up, incubatori di impresa, zone di coworking, teatro, incontri letterari, festival musicali.
Il progetto di ristrutturazione dello storico stabilimento, acquistato dal Comune di Milano nel 1990 e un tempo specializzato nella produzione di locomotive e carrozze ferroviarie e tramviarie, rappresenta un esempio di riconversione urbana, di riuso dell’esistente: dove un tempo si costruiva, ora si fabbrica cultura e creatività.
BASE coniuga infatti la creatività, come intrattenimento, con la creazione di impresa e di professionalità specifiche in ambito culturale. I suoi spazi saranno sfruttati anche per gli allestimenti della stessa Triennale che qui ospiterà alcuni padiglioni di paesi stranieri partecipanti. Ci sarà spazio anche per il Fuorisalone, la manifestazione parallela al Salone del mobile che è ormai di casa in zona Tortona.
Read MoreTorino, World Design Capital
Nel 2008 la città di Torino ha ospitato un convegno organizzato dall’ICSID (International Council of Societies of Industrial Design) – un’ organizzazione mondiale che intende tutelare e promuovere gli interessi del design industriale – ottenendo il riconoscimento, unico caso in Italia, di Creative City UNESCO per il Design. Il titolo le è stato assegnato in virtù dei temi che sono stati proposti e sviluppati dallo stesso capoluogo piemontese, in particolare: sostenibilità ambientale, pianificazione e riqualificazione urbanistica, innovazione e creatività, sviluppo economico della città.
Grazie all’eco internazionale dell’iniziativa è di qualche giorno fa (precisamente dello scorso 14 gennaio) la notizia che l’ICSID ha proposto alla Città di Torino di presentare la candidatura a ospitare la sua Assemblea Generale e tutte le attività ad essa collegate per l’anno 2017. Dell’Organizzazione, una non-profit fondata nel 1957, fanno parte 50 paesi di tutto il mondo rappresentati da associazioni di professionisti, società di promozione, istituzioni educative, organismi governativi: a questa ampia fascia di enti e singoli professionisti viene offerta l’opportunità di un confronto a livello internazionale su temi di comune interesse.
Ospitare l’Assemblea nel 2017 a Torino sarebbe dunque un’ottima occasione per una città che l’ICSID considera ormai un riferimento per il design e l’innovazione, una realtà pronta a ospitare un evento grande e complesso, ma fondamentale per confermare il suo ruolo di città con vocazione internazionale.
Si tratterebbe di una vetrina in grado di offrire grandi opportunità di investimento e di interesse per nuove opportunità di lavoro, ricerca, promozione. L’evento avrebbe una ricaduta non solo sul piano culturale e turistico ma anche dal punto di vista professionale ed economico. La candidatura sarà presentata con una lettera del Sindaco di Torino e con la sottoscrizione di una manifestazione di interesse preparata dallo stesso ICSID.
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Atlantic Park: da discarica di rifiuti a polmone verde
Atlantic Park è oggi il nome del più grande parco urbano (30 ettari) della città di Santander, nella comunità autonoma della Cantabria in Spagna settentrionale. Originariamente si trattava di una zona naturale, in parte paludosa e lacustre, alla foce del fiume Vaguada de las Llamas che possedeva un complesso molto interessante di dune costiere. Il progressivo sviluppo urbano della principale spiaggia cittadina ha finito col tempo per interrare lo sbocco naturale del fiume, interrompendo di fatto quelle dinamiche di marea che coinvolgevano l’intera area.
Da quel momento l’unico accesso alla zona è avvenuto per mezzo di piccoli sentieri che, però, non rendevano possibile l’uso pubblico dello spazio, così come la fruizione della zona umida. Come se non bastasse il suo progressivo e totale abbandono ha favorito lo smaltimento incontrollato dei rifiuti e lo scarico di acque reflue, senza alcun pretrattamento, che hanno contribuito al degrado non solo della qualità delle acque naturali ma dell’intero ecosistema.
La svolta decisiva, che ha portato alla bonifica e alla rinascita del luogo, è partita dal 2006; successivamente lo studio di architettura Battle I Roig ha avuto il compito di riconvertire l’ex area degradata in un grande parco pubblico che potesse soddisfare le esigenze della comunità senza alterarne l’aspetto ecologico, in parte unico per la presenza di numerose specie vegetali autoctone della costa atlantica. L’idea di fondo è stata quella di creare uno spazio urbano frequentato e allo stesso tempo sostenibile. Il design del parco trae ispirazione dalla stessa morfologia della costa e dai suoi ecosistemi, mentre gli elementi architettonici contemporanei inseriti al suo interno (vie, ponti, passerelle, edifici) pur costruiti con materiali semplici creano un contrasto voluto con l’ambiente circostante, estremamente naturalizzato: questo mix contribuisce a creare un’esperienza unica per tutti coloro che vistano il parco.
Le zone più basse, compreso il letto del fiume e un laghetto artificiale, non sono direttamente accessibili al pubblico e presentano numerose specie vegetali tipiche delle zone umide; i visitatori possono avvicinarsi a questi settori attraverso passerelle metalliche sopraelevate che attraversano gli ecosistemi senza il rischio di danneggiarli. Il livello più alto è invece dedicato alle attività umane con percorsi (pedonali e ciclabili), parchi giochi, aree erbose, ma anche con un anfiteatro all’aperto e giardini botanici. Tra queste due zone si trova quella di transizione chiamata “zona atlantica” – che funge da cuscinetto protettivo tra l’area naturale e quella antropizzata – anch’essa dotata di percorsi e posti a sedere per il relax e la contemplazione di un luogo finalmente ritrovato.
Read MoreI giardini verticali, un tocco green e di grande effetto nelle nostre città!
I giardini verticali, sia per interni che per esterni, sono diventati una tendenza irrinunciabile dell’ecoarchitettura contemporanea. Quelli per esterni, realizzati di solito in grandi città, con le loro pareti verdi sono una forma di agricoltura ma anche di arredamento del paesaggio urbano, e diventano spesso un’opera d’arte per la loro bellezza.
Questi muri ricoperti di vegetazione (detti anche “living walls”) si stanno diffondendo grazie dall’attività di molti architetti e designer di fama, dei quali il più famoso è Patrick Blanc. L’architetto ha realizzato molti progetti di edilizia green, come il palazzo dell’Ambassade de France a New Dehli, le Cheminée de France alla Defènse di Parigi e il meraviglioso progetto nel cuore di Madrid, il complesso del Caixa Forum.
Questo progetto, realizzato in collaborazione con gli architetti Herzog & de Meuron, si chiama Lush Vertical Garden ed è stato realizzato su un palazzo vicino al museo del Prado, ricavato dal restauro della vecchia centrale elettrica di Madrid. E’ un esempio di recupero di architettura post industriale ma anche di sensibilità eco-sostenibile, con 15.000 le piante di 250 specie diverse. Il verde inoltre dà sicuramente anche un piacevole refrigerio nelle torride giornate madrilene 😉
Un altro progetto degno di nota è il Quai Branly Museum di Parigi realizzato da 800 mq di verde in cui sono state piantate 15.000 piante provenienti da Giappone, Cina, Europa centrale e Stati Uniti. Un progetto di respiro davvero internazionale, perfetto per una città come Parigi…
Ma lo sapevate che in Italia però abbiamo il giardino verticale più grande del mondo? E’ quello realizzato presso l’ipermercato Fiordaliso di Rozzano, con una parete verde di più di mille metri quadrati, 44mila piantine e oltre 200 essenze. Che meraviglia!
Che i giardini verticali siano fonte di grande bellezza e decoro urbano non c’è dubbio, ma quello che è davvero interessantissimo è il loro valore aggiunto: garantiscono un maggior equilibrio tra cemento e verde e poi purificano l’aria assorbendo CO2, isolano gli edifici dal punto di vista termico, abbassando il fabbisogno di energia per riscaldarli e raffreddarli e riducendo di conseguenza i costi, offrono una barriera naturale al suono.
Quindi ci auguriamo che diventino sempre più una parte integrata di tutte le nostre città 🙂
[Fonti e photo credits: www.tuttogreen.it/www.greenme.it]
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La casa integrata nella natura
Un tema sempre più importante nelle città e nelle costruzioni è l’eco-sostenibilità delle abitazioni e delle nostre città. In questa rubrica vogliamo parlarvi di esempi davvero esemplari di case, progetti o edifici dove la filosofia green acquisisce un importanza fondamentale 🙂
Ci sono progetti di architettura davvero incredibili che riescono a rispettare il suolo, la natura e il contesto in cui si vanno ad inserire. Un esempio davvero degno di nota per aspetto, presupposti e materiali è Casa Varanda, un progetto abitativo nato pressi di Barra da Tijuca – Rio de Janeiro, nella foresta pluviale brasiliana.
Casa Varanda, realizzata dall’architetto Carla Juaçaba, è un parallelepipedo lungo 24m e alto 6m, prettamente realizzato in vetro e acciaio, che appare improvvisamente nella fitta vegetazione della foresta.
La casa è sospesa 90 cm dal suolo per non “disturbare” le radici degli alberi e per evitare problemi con il terreno fangoso: l’intento primario infatti dell’architetto è quello di non disturbare la flora e la fauna (vi sono molti alberi secolari intorno) e di inserirsi tra gli alberi come un posto da dove poter osservare la natura. Incredibile vero? Sembrerebbe di stare sospesi…quasi come essere su una casa sull’albero 😉
La cosa che secondo noi la rende speciale e magica è la la sua distribuzione della luce interna, infatti lucernario percorre longitudinalmente l’edificio: la luce che entra da quel punto rende intimo e avvolgente l’ambiente, oltre a far sentire coloro che vi sono all’interno davvero parte della natura!
La casa ha un’altra particolarità… è stata costruita in soli 15 gg!
Che ne pensate? Voi ci andreste a vivere? Noi si 😀
[credits: www.architetturaecosostenibile.it/ www.constructalia.com]
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