La “colonizzazione urbana acquatica” può essere una risposta alle sempre più frequenti problematiche ambientali. Nuovi studi hanno ormai annullato il confine tra sogno e realtà: su tutti il caso della Polinesia dove i sistemi tradizionali non riescono a rispondere alle criticità del territorio (condannato, si dice, a scomparire tra poche decine d’anni, causa l’innalzamento delle acque) e hanno portato all’approvazione del progetto Artisanopolis, la prima città al mondo creata su piattaforme galleggianti, i cui lavori inizieranno a partire dal 2019.
Capofila di questa nuova sfida è il californiano Seasteading Institute che sta seguendo progetti finalizzati a gestire le variazioni altimetriche dell’innalzamento delle acque dovuto al purtroppo noto fenomeno del riscaldamento globale del pianeta. Già in piedi ci sono alcuni “villaggi anfibi” come l’Amfibiewoningen (Paesi Bassi) capace di adattarsi a fluttuazioni di oltre 5 metri.
Per evitare catastrofi dovute a terremoti e tsunami si discutono, inoltre, progetti come Harvest City, un’ipotetica città galleggiante haitiana a rischio zero. In altri casi è la scarsità di suolo a spingere verso un’urbanizzazione acquatica: esempi sono Some Sevit a Seoul (Corea), tre isole galleggianti che ospitano negozi e servizi e Ocean Metropolis, un aggregato urbano galleggiante per la decongestione cittadina di cui un prototipo è in fase di sperimentazione in Cina.
In generale le città del futuro, o parte di esse, possono essere immaginate anche come arcipelaghi mobili, capaci di rompere, e di conseguenza rivoluzionare, il legame storico tra architettura e territorio. È proprio la riconfigurazione dello spazio cittadino sull’acqua, insieme alla capacità di trovare soluzioni abitative che consentano all’uomo di vivere in questo ambiente, uno degli aspetti più affascinanti, la sfida che dovranno raccogliere le prossime generazioni. La colonizzazione del mondo acquatico intanto è già iniziata!