Itinerari

Il ponte delle Sirenette

Posted by on Giu 5, 2024 in Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

“È lavoro uscito da quest’officina il piccolo ma elegante ponte in ferro sul naviglio di Milano fra il ponte di porta Tosa e quello di San Damiano. I bassi-rilievi e le statue furono modellate sui gessi del riputato scultore Cacciatori; e solo dispiace che per questo grazioso lavoro sia stata scelta una ubicazione così poco convenevole, a tal punto che ei rimane quasi inosservato” (Dizionario Corografico Universale dell’Italia, 1850, p. 299)

Osservato e ammirato lo è invece oggi, e come, il ponte delle Sirenette, trasferito negli anni ‘30 nel parco Sempione in seguito alla copertura del Naviglio interno. La sua è una storia lunga e curiosa, a partire dal fatto che si tratta di uno dei primi ponti metallici in Italia, il primo a Milano, inaugurato nel 1842 dall’arciduca Ranieri, viceré del Lombardo-Veneto, in onore dell’imperatore austriaco Ferdinando I. Il progetto reca la firma dell’ingegnere Francesco Tettamanzi che ne commissionò la fusione alla ditta comasca Rubini-Falck nella fonderia di Dongo, sul lago di Como.[1]

Fin da subito furono motivo di grande scandalo le quattro statue in ghisa, raffiguranti sirene, poste sui montanti a decoro della struttura. Esse apparivano così sensuali e senza veli da lasciare interdetti i milanesi dell’epoca; si racconta che era così forte l’imbarazzo suscitato fra le signore da spingerle a coprirsi lo sguardo mentre lo attraversavano. E proprio alla presenza delle sirene si devono gli altri nomi con i quali il ponte venne ribattezzato: primo fra tutti “il ponte delle sorelle Ghisini” poiché le statue erano realizzate in fusione dighisa.

Ma in realtà l’opera piaceva, soprattutto per l’armonia delle proporzioni, e col passare del tempo divenne uno dei monumenti più iconici della città. Più che un ponte vero e proprio consisteva in una passerella pedonale che attraversava il fossato in via San Donato e fungeva da unica via d’accesso ai palazzi posti sulla sponda opposta. Poi, come già accennato, negli anni ’30 del Novecento i Navigli vennero interrati per ragioni sanitarie, ma il Comune decise di salvarlo reputandolo un’opera di importante valore storico-artistico. Fu smontato, pezzo per pezzo, e ricostruito all’interno del vicino parco Sempione, Sfortunatamente durante i lavori una parte della ringhiera si ruppe e fu necessario sostituirla con del ferro tubolare. Anche due delle quattro sirene sono oggi copie in bronzo delle originali andate perdute (una a causa dei bombardamenti durante il secondo conflitto bellico mondiale, l’altra rubata nel 1948).

A distanza di quasi un secolo il ponte accoglie ancora passanti e frequentatori in un’ansa del laghetto posto al centro del parco con il Castello Sforzesco sullo sfondo; le sirene non scandalizzano più nessuno, anzi sono tra le più fotografate e instagrammate di questo polmone verde nel cuore di Milano.


[1] Nel 1792 Pietro Rubini acquistava le miniere, il forno e le fucine di Dongo (CO) dal nobile Cesare Giulini, dando origine alla Ferriera di Dongo. Nel 1833 chiamò come consulente dalla Francia l’ingegnere meccanico, specializzato in siderurgia, Georges-Henri Falck. L’apporto di innovazioni introdotte da Falck, divenuto col tempo socio dell’impresa, si rivelò così decisivo che la ferriera si avviò a diventare una delle acciaierie più moderne ed efficienti dell’intera Penisola. Tornato in Francia nel 1865, Falck lasciò la guida al figlio Enrico che nel frattempo aveva sposato Irene Rubini, l’erede dell’acciaieria, trasferendo così la proprietà dell’azienda nelle mani della famiglia Falck.

Read More

La Parigi di Eiffel

Posted by on Ott 30, 2023 in Itinerari | 0 comments

In occasione del centenario della morte di Gustave Eiffel (1832-1923) la Cité de l’Architecture et du Patrimoine – situata nel Palais de Chaillot – presenta una mostra inedita dedicata alla Parigi dell’illustre ingegnere. In esposizione mappe dettagliate dei luoghi in cui visse e lavorò, numerosi progetti, anche quelli meno noti, oltre a una serie di documenti che aiutano a comprendere il ruolo e l’influenza della Ville Lumière sulla sua vita professionale e privata. Viene data evidenza anche agli incontri con le grandi personalità del tempo, in particolare la sua collaborazione con lo scultore Auguste Bartholdi per la realizzazione della Statua della Libertà, donata dalla Francia agli Stati Uniti nel 1886, e per la quale fu proprio Eiffel a progettare la struttura portante interna in metallo.

La colossale testa della Statua della Libertà in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Era visitabile al suo interno al prezzo di 5 centesimi

La colossale testa della Statua della Libertà in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Era visitabile al suo interno al prezzo di 5 centesimi

L’intento principale della mostra è quello di mettere in luce la ricchissima e variegata eredità lasciata da Eiffel nel paesaggio parigino, anche attraverso un itinerario urbano che tocca i luoghi più significativi. Tra questi il Palais Galliera, oggi Musée de la Mode, dove Eiffel realizzò la struttura metallica dell’edificio; la passerella sospesa nel parco delle Buttes Chaumont; il cabaret Le Paradis Latin; il magazzino Le Bon Marché; l’ossatura metallica dello Shack, oggi un affascinante cocktail bar e spazio per il coworking, proprio di fronte all’Opéra Garnier.

Lo stesso Palais de Chaillot, sede della mostra, si affaccia sull’opera che più di tutte lo ha reso immortale, la Torre Eiffel. Realizzata in due anni, fu concepita per i cittadini del Ventesimo secolo e consegnata alla storia il 31 marzo del 1889, data di inaugurazione dell’Esposizione Universale. Due milioni e mezzo di bulloni, diecimila tonnellate di ferro, sedicimila travi d’acciaio: con quattro impressionanti piloni a semiarco, Eiffel ancorò il futuro alla spianata del Campo di Marte. Qui il cielo “si impiglia” in cima alla torre, a 324 metri d’altezza, dove i parigini sostenevano che l’aria fosse così buona da guarire persino il morbillo. Eppure, all’inizio la gente non seppe che farsene di tanta ingegneria, sembrava un’impalcatura sbagliata intorno al nulla, sebbene fin da subito ci fosse la fila per salire con gli ascensori in cima al nuovo mondo e godere di una vista impareggiabile sulla città. Ma era snella, sottile, di notte brillava come la luna; pian piano la città si abituò al nuovo gigante di ferro e cominciò a specchiarsi nel suo primato, confermando in pieno le previsioni del suo costruttore, convinto che prima o poi tutti l’avrebbero inevitabilmente amata.

Parigi, la Torre Eiffel è la protagonista dell'Esposizione Universale del 1889

Parigi, la Torre Eiffel è la protagonista dell’Esposizione Universale del 1889




Read More

La fontana di Arcidosso Un capolavoro firmato Fonderia di Follonica

Posted by on Set 18, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Cartolina storica degli anni '40

Cartolina storica degli anni ’40

Alle pendici del Monte Amiata l’ingresso ad Arcidosso (GR) è annunciato da un’elegante fontana pubblica in ghisa che, oltre a rappresentare uno dei monumenti più significativi del borgo, è annoverata tra le prime opere neogotiche della Toscana. La Fonte del Poggiolo, questo il suo nome, venne fusa dalla Fonderia di Follonica nel 1833 su progetto dell’architetto Francesco Leone che la concepì come un di tempietto in stile neogotico a pianta ottagonale posto al di sopra di un basamento in marmo di Caldana.

Originariamente collocata nella piazza principale di Grosseto, la fontana fu rimossa nel 1846 a seguito dei lavori di rifacimento del luogo che si conclusero con il posizionamento, al suo posto, del monumento dedicato a Leopoldo II. Per interessamento della comunità locale si ottenne allora di poterla trasferire e rimontare ad Arcidosso nel 1848. La qualità delle fusioni risulta eccezionale, sia sotto l’aspetto tecnico che artistico; osservato nella sua complessità così come nella minuziosità e cura dei dettagli, il manufatto è testimone di quel processo di ammodernamento industriale voluto dall’autorità granducale, e conferma il ruolo svolto dagli impianti siderurgici di Follonica che primeggiarono per dimensioni e qualità produttiva durante tutta l’età moderna.

La Fonte del Poggiolo, Archivio Fondazione Neri

La Fonte del Poggiolo, Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Soprattutto quando il territorio di Piombino entrò a far parte del Granducato di Toscana, Follonica divenne il più importante centro di lavorazione e fusione del ferro, non solo toscano, ma di tutta Italia. Le ragioni di tale prestigio derivavano dalla vicinanza con le miniere di ferro di Rio, sull’isola d’Elba. Follonica era il punto di approdo più prossimo sul continente, dotato di risorse boschive in grado di fornire carbone vegetale per la combustione e di cadute d’acqua idonee a sviluppare una notevole forza idrica. All’interno della fonderia un reparto apposito, coadiuvato da una scuola di disegno e di scultura, fu in grado di realizzare per decenni oggetti decorativi e di arredo urbano di pregio.

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri




Read More

“Un amore di ferro”

Posted by on Mag 25, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Installazioni artistiche, Itinerari | 0 comments

Il lampione nasce per illuminare, la panchina è creata per il riposo, la pausa e richiama alla mente la quiete, il verde, la lettura, la conversazione. Due cuori su una panchina, sotto la luce di un lampione, rappresentano una delle immagini in assoluto più iconiche dell’amore universale. La letteratura, l’arte, il mondo del cinema, ci offrono un campionario pressoché infinito di esempi, ma chi di noi non si è seduto, almeno una volta nella vita, su una panchina con la persona amata?

A Torino tra le numerose aiuole fiorite, i corsi d’acqua e i ponticelli del Giardino Roccioso, all’interno del Parco del Valentino, esiste una panchina che ospita una coppia davvero insolita di innamorati: si tratta di due lampioni in ghisa verniciati di verde. L’opera è firmata da Rodolfo Marasciuolo, il giardiniere-artista che orami da anni impreziosisce i giardini e le aree verdi torinesi con le sue creazioni.

Torino, i lampioni innamorati, foto Chiara Remor

Torino, i lampioni innamorati, foto Chiara Remor

I lampioni esprimono un senso di grande complicità e tenerezza, non hanno braccia, ma sembrano abbracciati, e uno dei due china la testa, pardon la lanterna, sulla spalla immaginaria della dolce metà. Considerato il materiale impiegato per realizzarli – la ghisa – la stessa usata per circa un secolo nella produzione di tutti i lampioni per l’illuminazione pubblica, è proprio il caso di dire che il loro è un amore di ferro, col passare del tempo si potrà certo “arrugginire”, ma con una adeguata manutenzione tornerà sicuramente più forte di prima.

Numerosi i cittadini e i turisti che si fermano ad ammirarli e a immortalarli nelle fotografie; tra l’altro, come accennato sopra, l’opera è collocata in uno dei punti più affascinati del Parco del Valentino, che è anche il più famoso e antico parco della città. Già in uso durante il Medioevo, la sua vera trasformazione in parco pubblico si deve a Napoleone e all’abbattimento delle mura nella seconda metà dell’800. Non ancora completato iniziò ad ospitare le grandi esposizioni, nazionali e internazionali, che si tennero dal 1829 al 1961. Proprio in occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884 venne creato il cosiddetto Borgo Medievale, o del Valentino, con la Rocca.




Read More

Tre lettere sulla ringhiera

Posted by on Feb 8, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Nel suo prezioso volume, Venezia ponte per ponte, l’autore Giampietro Zucchetta documenta la presenza  di oltre 80 attraversamenti pedonali  in ferro ancora oggi esistenti lungo i canali e i rivi di Venezia, dai più grandi e importanti ai fini della viabilità, ai più piccoli e nascosti.

Realizzati da rinomate fonderie che avevano sede proprio in Laguna – in primo luogo gli stabilimenti Neville, Collalto e Layet – iniziarono a caratterizzare il paesaggio urbano a partire da metà Ottocento quando lo sviluppo dell’industria e la disponibilità di nuove tecniche costruttive permisero di ricorrere all’utilizzo del ferro e della sua lega, la ghisa, per la costruzione delle prime strutture in ferro. I ponti potevano essere realizzati interamente in metallo, oppure presentare l’abbinamento di una struttura in pietra, integrata da ringhiere in ferro e/o ghisa decorate da motivi geometrici e vegetali (struttura mista).

A quest’ultima categoria appartiene il Ponte Borgoloco, sul rio del Paradiso, nel sestiere di Castello, la cui ringhiera in ferro rappresenta un caso unico. Ciò è dovuto alla tipologia del motivo ornamentale che disegna tre “lettere”: una W posta sopra una V e due lettere E in posizione speculare l’una all’altra. Da qualunque lato la si guardi è possibile distinguere le tre lettere W-V-E ripetute su ciascun elemento della ringhiera, a sua volta sostenuta da colonnine in ghisa. In assenza di documenti d’archivio affiora una sola ipotesi plausibile e cioè che durante la dominazione austriaca di Venezia sotto questo pseudo-disegno ornamentale si sia voluto celare un chiaro messaggio patriottico. Le lettere dunque starebbero a “mimetizzare” le iniziali di W (viva) Vittorio Emanuele.

Uno degli elementi che compongono la ringhiera in ferro e ghisa del Ponte di Borgoloco con le tre lettere (W-V-E) che costituiscono il motivo ornamentale

Uno degli elementi che compongono la ringhiera in ferro e ghisa del Ponte di Borgoloco con le tre lettere (W-V-E) che costituiscono il motivo ornamentale

Sull’ultimo numero di Arredo & Città (2-2022) dedicato all’illuminazione storica di Venezia, abbiamo dato ampio spazio anche ai ponti metallici costruiti in decine di esemplari, a testimonianza di come la ghisa abbia inciso sullo sviluppo urbano di Venezia non solo nel settore della luce, ma anche in quello della viabilità.

Per maggiori approfondimenti: https://www.arredoecitta.it/it/riviste/le-luci-di-venezia/

Ponte metallico del Ghetto Nuovo fuso dalla Fonderia Neville, 1865

Ponte metallico del Ghetto Nuovo fuso dalla Fonderia Neville, 1865




Read More

La luce artificiale come moderna chiave di racconto – La Cisterna Basilica di Istanbul

Posted by on Nov 16, 2022 in Arte e Luce, Itinerari, Luce | 0 comments

Oggi è senza dubbio uno dei monumenti simbolo di Istanbul e nel corso degli anni ha raggiunto numeri di visitatori paragonabili a quelli del Louvre e del Colosseo. La Cisterna Basilica di Istanbul (Yerebatan Sarayi in lingua turca) risalente all’epoca di Costantino e ampliata nel 532 dall’imperatore Giustiniano, è una monumentale opera idraulica ipogea che assicurava l’approvvigionamento idrico al palazzo imperiale e ai luoghi limitrofi.

Con una superficie di 140 x 70 m. e ritmata da ben 336 colonne alte 9 metri disposte su dodici file. È stata da poco riaperta al pubblico dopo un progetto di restauro firmato dallo studio Atelye 70 di Istanbul insieme agli studi, entrambi romani, Insula Architettura e IngegneriaStudioillumina.

L’aspetto fondamentale dell’intervento ha riguardato proprio l’introduzione di un nuovo concetto di illuminazione.  Attraverso l’uso sapiente della luce artificiale si è riusciti infatti ad esaltare le qualità architettoniche ed estetiche di questo luogo straordinario e unico.

Dal punto di vista concettuale la narrazione della luce prevede diversi scenari percettivi. Il percorso di andata è un’immersione in una sorta di “foresta di pietra” svelata solo dal controluce, simile a quella che doveva essere l’esperienza dei primi esploratori scesi nel sottosuolo. Tale effetto è ottenuto mediante un solo proiettore a fascio ellittico, posizionato dalla parte opposta rispetto alla direzione di percorrenza, che illumina dal basso ogni singola colonna. L’utilizzo di una diminuzione graduale dei livelli di luminosità, a mano a mano che ci si addentra,porta l’esperienza del visitatore verso un’esplorazione quasi archeologica, più intima e personale della cisterna.

La Cisterna Basilica illuminata (Di Kurmanbek - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=122644443)

La Cisterna Basilica illuminata (Di Kurmanbek – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=122644443)

Le colonne con le teste di Medusa rappresentano la fine del viaggio di andata e l’inizio del viaggio di ritorno. Qui avviene il passaggio fra il mondo orientale (stato di luce sottile e delicato) e il mondo occidentale (stato di luce materica). Da questo momento in poi il mondo bidimensionale si interrompe per lasciare spazio a quello tridimensionale che svela la cisterna nel suo lato strutturale e architettonico. A metà del percorso, in maniera inattesa e suggestiva, la cisterna si tinge delle atmosfere caratteristiche della Turchia, passando dalle cromie dell’acquamarina fino a quelle dell’ambra.

Ad aggiungere fascino è anche la possibilità di utilizzare un nuovo tipo di camminamento appositamente studiato che si snoda su leggere passerelle metalliche allestite in prossimità della base del monumento. Il visitatore si trova così a camminare quasi sul pelo dell’acqua e ad ammirare la bellezza delle volte sovrastanti.

(Metuboy - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=122151837)

(Metuboy – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=122151837)

Progetto illuminotecnico:

Studioillumina (Adriano Caputo, Federica Cammarota, Francesca Campagna, Paolo Di Pasquale, Katia Ferrulli, Filippo Marai)

Progetto architettonico:

Atelye 70 (Doğu Kaptan, Marco Lombardini, Seray Doğan, Fatma Gençdoğuş, Murat Er, Gizem Bakioğlu. Musa Beyzade); Studio di Architettura e Ingegneria Insula (Eugenio Cipollone, Paolo Diglio, Roberto Lorenzotti, Paolo Orsini)

Direzione lavori: Atelye 70
Impresa forniture speciali e impianti elettrici: Tepta Lighting




Read More