Per la città correva un uomo nero.
Si arrampicava a spegnere i lampioni.
Lenta bianca l’aurora si avvicinava,
salendo assieme all’uomo sulla scala.
Là dov’erano quiete, morbide ombre,
le gialle strisce dei lampioni a sera,
la prima luce ha coperto i gradini,
penetra da tendine e da spiragli.
Ah, com’è scialba la città sull’alba!
L’omino nero piange sulla via.
Pietroburgo, Russia, 1912
L’uomo nero che al sopraggiungere dell’aurora si aggira di corsa per le strade e i vicoli della città è il protagonista di questa poesia di Aleksàndr Blok, uno dei più grandi poeti russi del ‘900. L’uomo nero è un lampionaio, così soprannominato perché indossa una divisa scura come la notte; la sua è una corsa contro il tempo che si ripete, identica, ogni giorno. Prima che il cielo si rischiari deve spegnere tutti i lampioni del quartiere di sua competenza. È normale che in città i lampioni si accendano la sera e si spengano all’alba, quando la luce naturale inizia a illuminare i gradini delle case e si diffonde poi all’interno attraverso le aperture e le tende alle finestre. L’unica differenza rispetto ad oggi è che a quei tempi non esisteva ancora l’elettricità e i lampionai erano gli unici addetti all’accensione e allo spegnimento dei lampioni stradali. Un mestiere sentito dai più come una missione, un’attività di vitale importanza per la città e la sicurezza dei suoi abitanti. Un incarico così importante che a parte la responsabilità li doveva sicuramente riempire di orgoglio e soddisfazione.
Eppure l’uomo nero di Blok è sorpreso a piangere lungo la via. Nel lampionaio si incarnano i sentimenti stessi dell’autore che era solito camminare la notte per le strade di Pietroburgo, accompagnato solo dalle luci dei fanali che illuminavano, oltre alle eleganti vie e ai bei palazzi, anche i vicoli gelidi più poveri, più sporchi, dove capitava spesso di imbattersi in disperati senzatetto o in pericolosi criminali. La città gli appariva dunque bellissima, ma allo stesso tempo corrosa dalla miseria e dalla desolazione. Da qui il pianto, la sofferenza del lampionaio, che per motivi di lavoro conosce e vive la città come pochi, ed è testimone di tutte le sue contraddizioni.
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