La fucina di Efesto. Buio fuoco e sudore

Posted on Set 17, 2014

A osservare molti degli oggetti esposti al MIG, spesso così perfetti, eleganti, impreziositi di decori, puliti sia nelle superfici che nelle forme armoniose, verrebbe da pensare che siano il risultato di un intervento appena realizzato in una piccola bottega artigianale, in un laboratorio d’arte nel quale si aggirano, in un silenzio quasi contemplativo, raffinati creatori.

La realtà dei fatti è ben diversa: dietro a questi manufatti, e soprattutto oltre alle abili figure di disegnatori, intagliatori, scultori, modellisti si cela la “fucina di Efesto”, “l’ingresso all’inferno” (terminologia in uso nel corso XIX sec.), ovvero la fonderia.

E’ in questo stabilimento siderurgico, erede ottocentesco delle antiche ferriere, che si concentra durante la prima rivoluzione industriale buona parte della manodopera proveniente dalle campagne (gli altri principali bacini di occupazione sono rappresentati dalle miniere e dagli opifici tessili).

All’interno delle fonderie, in cui regnano buio, fuoco, polvere, fatica, lavorano, in condizioni spesso disumane,  uomini, donne e purtroppo anche bambini, spesso impegnati in turni massacranti. La forza fisica dell’uomo, schiavo della nuova macchina industriale, si rivela oggi a noi in tutta la sua drammaticità attraverso testimonianze scritte, dipinti e fotografie d’epoca: resoconti che ci permettono di dare un volto a centinaia di testimoni anonimi, veri esecutori materiali di oggetti, oggi considerati artistici e perciò collocati nei musei.

A. Von Menzel, La fornace col laminatoio, 1875

A. Von Menzel, La fornace col laminatoio, 1875

 

Operai al lavoro nella fonderia Durenne (Sommevoire, Francia), Archivio Fondazione Neri

Operai al lavoro nella fonderia Durenne (Sommevoire, Francia), Archivio Fondazione Neri

 

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