Il mondo della ghisa

La ghisa a “supporto” dello spirito

Posted by on Gen 27, 2020 in Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Yangon, Pagoda di Shwedagon

Yangon, Pagoda di Shwedagon

Marco Polo, Kipling, Orwell, hanno scritto delle sue bellezze. Oggi che si è aperto al turismo, per fortuna ancora piuttosto circoscritto e rispettoso, continua a stupire per i suoi colori e, soprattutto, per la spiritualità che si respira ovunque, tra le numerose etnie che lo popolano e gli infiniti templi: tutto ruota attorno a Buddha.  Il Myanmar è una terra dorata del Sudest asiatico, in passato conosciuto come Birmania durante il periodo della dominazione inglese protrattasi fino al 1948. Una recente visita a una delle sue perle, la Pagoda di Shwedagon, ubicata presso l’ex capitale Yangon, ci ha permesso di fare una “scoperta” inattesa davvero molto interessante.

Per i buddisti questo monumento è considerato un luogo sacro, da visitare almeno una volta nella vita. Si tratta di un’architettura scintillante, unica nel suo genere, con uno stupa di 98 metri d’altezza posto al centro visibile da ogni angolo della città. La sua superficie è interamente ricoperta da foglie d’oro. Intorno ad esso sorgono luoghi di culto minori e tutte queste strutture creano nell’insieme un complesso spettacolare che riflette la luce del sole, in particolare all’alba e al tramonto, rendendo il contesto quasi surreale.

È proprio in questo luogo che abbiamo potuto osservare come diversi elementi, sia strutturali che decorativi, sono stati realizzati in fusione di ghisa. Di questo materiale sono le colonne che reggono i templi minori e che si dividono in due tipologie differenti: una più semplice e snella, verniciata di verde, e una più monumentale, a pianta circolare, con finitura in foglie d’oro sul fusto e sul capitello. Di ghisa sono pure le eleganti balaustre che delimitano le scalinate di accesso ai luoghi di culto, così come le piccole sculture, umane e animali, a decoro delle tante campane presenti nella spianata della pagoda e i paletti segnaletici posti accanto alle fontane.

Ma come si spiega la presenza di elementi in ghisa, riconducibili alla seconda metà dell’800, in un sito originario del VI-X sec., poi ricostruito interamente nel ‘500? La riposta va probabilmente cercata all’epoca dell’ultimo grande intervento di restauro della pagoda (1871), quando la Birmania si apprestava ad essere annessa all’Impero britannico. In quel periodo dall’Inghilterra, ma anche dalla Scozia, partivano per le colonie i prodotti della rivoluzione industriale: quelli in ghisa rappresentavano, per tecnologia e modernità, l’eccellenza nell’ambito dei complementi per l’architettura.

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NON SOLO STELE

Posted by on Gen 21, 2020 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Pontremoli, piazza Unità d’Italia. Appaiono ubicate sullo stesso lato della piazza, a pochi metri di distanza, e l’una sembra ricordare all’altra il perché della loro presenza in un paese forestiero. In entrambi i casi si tratta, infatti, di un omaggio alla città natale da parte di coloro che nel secolo scorso sono emigrati  in cerca di fortuna in Inghilterra e in Francia.

Da Londra proviene un esemplare di cabina telefonica la cui tipologia ha rappresentato, e continua a rappresentare tutt’oggi, un’icona del Regno Unito. Quando a partire dagli anni ’90 l’ascesa inesorabile della telefonia mobile ha costretto anche la British Telecom a procedere alla rimozione dalle strade e dalle piazze di Londra di questi famosi  “parallelepipedi scarlatti”, la comunità pontremolese ha pensato bene di acquistarne una e di spedirla in patria.

Anche l’altro oggetto della piazza è  un simbolo del paesaggio urbano ottocentesco, questa volta però di Parigi. Si tratta di una fontana “Wallace”, dal nome del filantropo inglese, Sir Richard Wallace, che donò un centinaio di manufatti come questo a Parigi in un periodo molto buio per la città (sconfitta contro i prussiani e disordini pubblici durante la Comune). In quegli anni  molti acquedotti erano andati distrutti e l’acqua da bere aveva costi esorbitanti. Si può ben immaginare come la popolazione accolse questo prezioso e inaspettato regalo. Il modello della fontana è opera dello scultore Lebourg e le fusioni furono affidate a una delle più importanti fonderie al mondo di ghisa d’arte: la francese Val D’Osne.

Il disegno, invece, è dello stesso Wallace che ha attribuito molta importanza all’aspetto estetico. Le fontane hanno alcuni tratti specifici che le rendono inconfondibili: il caratteristico colore verde che si armonizza con la natura, il piedistallo a croce greca, le quattro eleganti cariatidi superiori che sostengono una cupola sormontata da delfini. L’acqua che fuoriusciva dalla fontana poteva essere bevuta mediante bicchieri di latta fissati con catenelle alla cupola.

Pontremoli, dettaglio della fontana Wallace

Pontremoli, dettaglio della fontana Wallace

Dalla piazza un breve tragitto a piedi conduce, attraverso il ponte della Cresa, al borgo murato di Pontremoli, centro medievale di grande interesse sorto sulla Via Francigena. All’interno del castello del Piagnaro sono conservate in un’ambientazione suggestiva le famose Statue Stele, sculture antropomorfe in pietra (IV-I millennio a.C.) di guerrieri e donne di rango dalla tipica testa a mezzaluna che sono il simbolo dell’intero territorio della Lunigiana.

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Gli orologi di Berlino

Posted by on Ott 24, 2019 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa | 0 comments

 

Il primo orologio pubblico con indicazione e misurazione dell’ora su base astronomica, fece la sua comparsa a Berlino sulla facciata del vecchio edificio che ospitava l’Accademia delle Arti, lungo il viale Unter den Linden. Era stato costruito dall’orologiaio di corte, il signor Möllinger.  Il secondo venne installato a terra nel 1869 davanti alla Corte Suprema e riscontrò un tale apprezzamento da spingere il magistrato preposto a replicare l’intervento con apparecchi simili in altri luoghi del centro.

Il crescente aumento dei trasporti, e la conseguente necessità di poter disporre in città di orologi pubblici che indicassero l’ora esatta, portò l’amministrazione comunale a stipulare sul finire dell’800 un contratto con una ditta privata per la fornitura di 100 colonne, le cosiddette Uraniasäulen (colonne Urania). Alte 4,5 m. e realizzate in ghisa, presentavano in cima un orologio con quattro quadranti illuminati dall’interno, mentre il fusto era destinato a ospitare annunci pubblicitari, ma anche informazioni di carattere generale (su alcune era esposta la pianta della città). Purtroppo l’azienda produttrice, che riteneva di potersi in parte finanziare con le entrate pubblicitarie, non raggiunse il successo sperato, anzi dopo la consegna delle prime 30 colonne dichiarò il fallimento.

I primi orologi stradali di Berlino

Berlino, le "colonne Urania"

Berlino, le “colonne Urania”

Nel 1904 il Comune si adoperò per realizzare nuovi orologi alla cui gestione venne preposta la società “Normalzeit GmbH”. Tutti questi arredi, comprese le colonne Urania, divennero col tempo vittime dell’inflazione dilagante. I costi della manutenzione erano troppo alti e, in base al nuovo contratto che la città aveva stipulato nel 1922 con l’azienda Heinrichs & Klauder, si decise di rimuoverli e di sostituirli con 80 colonne pubblicitarie porta-orologio dalle forme più semplici ed  economiche. Siccome erano vuote all’interno, lo spazio poteva essere sfruttato per scopi differenti, il più singolare dei quali era senza dubbio il ricovero di barelle e medicamenti utili a prestare il primo soccorso alle vittime di incidenti stradali.

A partire dal 1930 fecero la loro comparsa altri modelli di orologi pubblici, sempre a colonna, alcuni dei quali hanno contribuito con il loro design a caratterizzare il paesaggio urbano di Berlino fino agli anni ’60 del Novecento.

Berlino, tipologia di colonna orologio in funzione fino agli anni Sessanta del '900

Berlino, tipologia di colonna orologio in funzione fino agli anni Sessanta del ‘900

 

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Le fontane “gemelle”

Posted by on Lug 31, 2019 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa | 0 comments

Nel 1863, in occasione delle celebrazioni per il matrimonio del principe Alberto (divenuto successivamente re con il nome di Edoardo VII), venne eretta a Northampton, nella centralissima Market Square, una fontana monumentale in fusione di ghisa, alta ben 14 metri.

L’opera, straordinaria, si componeva di un grande basamento artistico che fungeva sia da supporto alle quattro vasche per la raccolta dell’acqua, sia da sostegno a un’elaborata e slanciata colonna terminante con una lanterna alimentata a gas e impiegata per illuminare l’intero manufatto. La fontana è rimasta in piedi per un secolo dopo di che, causa l’incuria, il degrado e anche gravi atti vandalici, è stata demolita  nel 1962 perchè ritenuta non più sicura.

La fontana collocata al centro di Market Square a Northampton (Inghilterra), cartolina storica

La fontana collocata al centro di Market Square a Northampton (Inghilterra), cartolina storica

Di recente ci è giunta notizia che in India, per la precisione a Mumbai, sopravvive un esemplare gemello realizzato nel 1867 in onore di Sir William Robert Seymour Vesey-Fitzgerald, ex governatore britannico di Bombay, e per questo conosciuta anche con l’appellativo di “Fontana Fizgerald”. Originariamente era collocata all’incrocio di Metro HINOX Cinema, mentre oggi si trova nell’area prospiciente il Dr. Bhau Daji Lad Museum, il Museo dedicato alla storia della città di Mumbai.

Lo stretto legame che intercorre tra i due monumenti è stato svelato qualche anno fa quando il team di restauratori incaricati del recupero si è avvalso della collaborazione dell’archeologo industriale Peter Perkins le cui indagini hanno permesso di risalire alla fonderia produttrice: la Eagle Foundry, la stessa che ha realizzato il modello identico di Northampton, e che, tra l’altro, era originaria proprio della città inglese.

La fontana indiana di Mumbai - © Dr. Bhau Daji Lad Museum

La fontana indiana di Mumbay – © Dr. Bhau Daji Lad Museum

Nel frattempo i lavori di restauro avviati sulla fontana di Mumbay stanno procedendo e si prevede di poterla ricollocare entro la fine dell’anno sul luogo d’origine. Per quanto riguarda quella di Northampton, invece, cresce da parte della cittadinanza il desiderio – che per ora rimane solo un sogno – di poterla ancora ammirare nella principale piazza cittadina. Oggi al suo posto sorge un semplice e anonimo bacino circolare in pietra, mentre a ricordo del pregevole manufatto in ghisa resta solo una targa in fusione conservata presso il locale Park Museum.

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A&C 1-2019: L’ABRUZZO DELLE FONTANE IN GHISA

Posted by on Giu 4, 2019 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Itinerari | 1 comment

Pratola Peligna (AQ), un dettaglio della fontana di piazza Madonna della Libera

Pratola Peligna (AQ), un dettaglio della fontana di piazza Madonna della Libera

Dall’analisi del materiale fotografico raccolto in occasione di vari sopralluoghi, e successivamente catalogato nell’archivio della Fondazione Neri, è emersa una sorprendente scoperta: la presenza, in Abruzzo, di numerose fontane monumentali in ghisa concentrate in un’area circoscritta, di modeste dimensioni. Fontane ubicate anche nei centri più piccoli, compresi quelli difficilmente raggiungibili per le asperità del territorio, in prevalenza montuoso.  Prodotte tra metà ‘800 e inizi ‘900, esse rappresentano un patrimonio unico, che non ha eguali in Italia e che rischia di andare perduto in assenza di adeguati interventi conservativi.

I risultati delle attività di ricognizione, confronto e analisi dei dati informativi disponibili, si possono trovare sull’ultimo numero di Arredo & Città (1-2019) che presenta: la mappatura dei manufatti; una ricca documentazione fotografica che ne evidenzia la figura e i dettagli di rara bellezza, la descrizione di ogni fontana, con i riferimenti storico-culturali che ne sono stati l’ispirazione.  http://www.arredoecitta.it/it/

Le fontane d’Abruzzo sono l’espressione artistica, e industriale, di un’epoca, poiché furono realizzate dalle più grandi e famose fonderie europee, fatto che allinea questa regione d’Italia a molte altre città, anche del Sudamerica e dell’Asia. Protagonista indiscussa è la fonderia francese della Val D’Osne che ha legato il suo nome a opere straordinarie ampiamente documentate sulla rivista come, ad esempio, i due esemplari di Pratola Peligna, ricchi di sculture antropomorfe e animali, le “fontane di giugno” (o meglio de l’Été ) installate a San Demetrio, Magliano e Ortona dei Marsi, o ancora la fontana situata, nel centro di Scurcola Marsicana, che ha per protagonista un’aggraziata statua di Venere.

Magliano de' Marsi (AQ), la fontana de l’Été

Magliano de’ Marsi (AQ), la fontana de l’Été

Pratola Peligna (AQ), la ninfa Galatea sormonta la fontana di piazza Garibaldi

Pratola Peligna (AQ), la ninfa Galatea sormonta la fontana di piazza Garibaldi

La fontana di Scurcola Marsicana (AQ), dettaglio della Venere

La fontana di Scurcola Marsicana (AQ), dettaglio della Venere

Mentre il lavoro prendeva forma ci si è resi conto che era necessario, considerata l’importanza del materiale, farlo conoscere al grande pubblico. È così che dalle fontane è stato tratto lo spunto per creare un itinerario turistico che intende in primo luogo segnalare la loro presenza, ma nello stesso tempo offrire l’occasione per scoprire le emergenze storico-artistiche e naturalistiche che caratterizzano le 23 località interessate.

 

L'Abruzzo delle fontane in ghisa: itinerario turistico

L’Abruzzo delle fontane in ghisa: itinerario turistico

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Al di là della Foresta

Posted by on Mar 25, 2019 in Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Il pifferaio magico, per vendetta verso la città tedesca di Hamelin che non lo aveva pagato dopo essere riuscito a liberarla da un’invasione di topi, rinchiuse tutti i bambini in una grotta dalla quale non sarebbero mai più tornati. Eppure esiste una versione meno conosciuta di questa celebre fiaba che introduce un lieto fine: i piccoli avrebbero seguito il protagonista all’interno della cavità per poi uscire dall’altra parte, nel lontano paese di Almas in Romania diventando, addirittura, i primi colonizzatori sassoni di quella regione chiamata dagli antichi romani Transilvania, ovvero la terra “al di là della foresta”.

Ogni leggenda che si rispetti porta con sé un fondo di verità. È noto che furono proprio i sassoni tedeschi, con l’apporto dei rumeni, a trasformare dal XII secolo la Transilvania, già splendida per il suo paesaggio, in un prezioso scrigno d’arte e di cultura. Tra le sue perle si segnala il centro di Sibiu, capitale europea della cultura 2007.  La città  – dove i palazzi che si affacciano su Piazza Grande (Patrimonio Unesco) hanno sui tetti delle particolari fessure che sembrano dei grandi occhi – è stata all’avanguardia in ogni epoca: nel 1896 fu una delle prime città europee e la prima in Romania, a utilizzare l’energia elettrica per l’illuminazione notturna di tutto il centro storico. Solo qualche anno più tardi, precisamente nel 1904, inaugurò, prima in Europa, una linea di tram urbani elettrici.

Ma le sue eccellenze non si esauriscono qui: a parte la bellezza dell’impianto urbanistico e l’atmosfera bohemienne che si respira negli splendidi caffè, negli edifici barocchi di ispirazione viennese, nei numerosi festival animati da artisti di strada, Sibiu può vantare l’esistenza del primo ponte in ghisa della Romania, che rappresenta un vero e proprio simbolo cittadino. All’inizio il Ponte delle Bugie, questo il suo nome, era in legno, poi, nel 1859, si decise di ricostruirlo utilizzando la rivoluzionaria lega metallica. Seppure più piccolo e meno monumentale, ricorda molto da vicino l’antenato più illustre, l’Iron Bridge nella località inglese di Coalbrookdale. A illuminarlo provvedono ancora oggi quattro eleganti candelabri in fusione collocati, in coppia, su entrambi gli ingressi.

A circa tre ore d’auto da Sibiu, lungo un esistente percorso medievale che collega la Transilvania alla Valacchia, sorge su un’altura dei Carpazi il Castello Peles, residenza estiva di re Carlo I di Romania. L’edificio, costruito tra il 1873 e il 1914, sembra appena uscito dalle fiabe e attira turisti da tutto il mondo, affascinati dalla sua bellezza. Oltre alle splendide sale (170 camere) riccamente arredate e affrescate, sono presenti tutta una serie di corpi di fabbrica ausiliari: tra questi una vera e propria centrale elettrica di inizio ‘900 che ha permesso a questa residenza di diventare il primo castello al mondo completamente alimentato da energia elettrica prodotta localmente.

Altro che vampiri e notte buie!

Castello Peles, Romania

Castello Peles, Romania

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