Itinerari

Mercato Centrale Torino

Posted by on Dic 4, 2019 in Itinerari, Riqualificazione spazi urbani | 0 comments

Torino, veduta dell'area di Porta Palazzo. A sinistra l'edificio in vetro e metallo che ospita il Mercato Centrale

Torino, veduta dell’area di Porta Palazzo. A sinistra l’edificio in vetro e metallo che ospita il Mercato Centrale

Mercato Centrale è un brand italiano che comprende una serie di edifici progettati o rinnovati avendo come obiettivi prioritari l’aggregazione e l’inclusione sociale. Non solo luoghi dove mangiare o fare la spesa, ma nuovi poli culturali aperti all’incontro e al dialogo.

Dopo le precedenti esperienze avviate a Firenze, con la riapertura nel 2014 del rinnovato mercato storico di San Lorenzo, e di Roma, con la creazione di una apposita struttura all’interno della Stazione Termini (2016), Mercato Centrale Torino ha preso vita da alcuni mesi a Porta Palazzo, l’area multiculturale per eccellenza della città, già sede del più grande mercato all’aperto d’Europa, con il quale condivide la location: Piazza della Repubblica. Gli 800 banchi per la vendita sono distribuiti nella piazza tra il mercato ittico, quello alimentare e la “Tettoia dell’Orologio”.

Torino, Porta Palazzo con il mercato, cartolina storica

Torino, Porta Palazzo con il mercato, cartolina storica

A questi si aggiunge l’immobile che ospita il Mercato Centrale, disegnato alla fine degli anni ’90 dallo studio Fuksas in sostituzione della vecchia struttura d’amianto che ospitava il mercato dell’abbigliamento. Si tratta di un edificio di cinque livelli (di cui 2 interrati) con una forte connotazione contemporanea caratterizzata dall’ampio utilizzo di vetro e metallo in grado di dialogare con le ghiacciaie ipogee settecentesche rinvenute all’interno del sito.

Purtroppo questa architettura non ha mai incontrato i favori degli esercenti e del pubblico, essendo un pò avulsa dalle trasformazioni che avevano caratterizzato l’area di Porta Palazzo: per lo più  sottoutilizzata, di recente era stata in gran parte abbandonata. Oggi grazie al suo recupero, che rientra nel piano di riqualificazione dell’intero quartiere, si attende la svolta che dovrebbe avvenire sia nel segno del cibo, sia, soprattutto, in quello della cultura, come già accaduto per Firenze e Roma.

Alle 26 botteghe che animano il nuovo Mercato, tra cui quelle dedicate agli “artigiani del gusto”, si aggiungono un mulino, un’area didattica, una piccola torrefazione e una scuola di cucina. E poi nuovi spazi dedicati alla musica, all’arte contemporanea, alle letture in collaborazione con il Salone del Libro, ma anche spazi pensati per favorire l’incontro e la socialità. Sulla terrazza, invece, lo sguardo spazia sui tetti di Torino fino alla Mole Antonelliana.

 

A proposito del grande mercato all’aperto di Porta Palazzo, l’esempio più significativo di farmers’ market[1] in Italia, così come per il Mercato Centrale di Firenze, rimandiamo alla rivista Arredo & Città 2 2015 (pp.94-103)

http://www.arredoecitta.it/wp-content/uploads/2017/09/AC_2015_02.pdf

[1] Il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, dove è nato  e si è sviluppato per prima questo fenomeno, definisce il farmers’ market come un mercato dotato di più banchi nel quale i produttori agricoli vendono al pubblico direttamente i loro prodotti – in particolare frutta e verdura fresche, carne e derivati – in un luogo centrale e fisso.

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L’età d’oro di Portici

Posted by on Nov 20, 2019 in Arredo Urbano, Itinerari | 0 comments

Ma perché il primo tratto di strada ferrata italiana fu proprio quello che collegava Napoli a Portici?  Fu inaugurato esattamente 180 anni fa alla presenza di Ferdinando II di Borbone che salutò l’arrivo del convoglio dalla sua villa del Carrione al Granatello http://www.arredodesigncitta.it/compie-180-anni-la-prima-ferrovia-italiana/

Reggia di Portici

Reggia di Portici

Il piccolo centro vesuviano ospitava ormai da un secolo la residenza reale estiva, un’elegante reggia voluta da Carlo di Borbone[1] e divenuta nel tempo un polo di attrazione non solo per letterati e musicisti, ma anche per gli studiosi delle antichità classiche. Dopo la ripresa degli scavi di Ercolano, nel 1750, a fianco dell’edificio era stato costruito il Museo Ercolanese per ospitare i numerosi reperti rinvenuti nella città romana. L’intera area, considerata “sito reale” beneficiava di varie esenzioni fiscali che invogliarono ancora di più i cortigiani ad erigere a loro volta fastose residenze: ciò determinò un importante fenomeno urbanistico-architettonico noto con il termine di “Miglio d’Oro”.

La presenza in loco della nobiltà, con le sue innumerevoli esigenze, finì anche con l’agevolare la nascita di tutta una serie di attività tra cui si distinsero l’artigianato di grande pregio e lo sviluppo dell’industria del ferro, impiegato non solo in ambito ferroviario e militare, ma anche per produrre oggetti artistici per l’arredo urbano. Dalla metà dell’800 l’utilizzo della ghisa, in particolare, non poté mancare nel processo di rinnovamento urbanistico di Portici come dimostra l’installazione di candelabri per l’illuminazione pubblica di alcune zone centrali quali piazza San Ciro o davanti all’imponente facciata di Palazzo Buono Exedra.

Portici palazzo Buono

Esemplari della stessa tipologia, caratterizzati da un basamento riccamente ornato, illuminavano anche la città  di Napoli (Villa Comunale, piazze del Municipio, Plebiscito, San Domenico, Dante e Repubblica) dove, per la loro considerevole altezza, vennero anche sfruttati agli inizi del ‘900 per sostenere i fili sospesi della linea tranviaria.

Napoli, Villa comunale, 1937

Napoli, Villa comunale, 1937

 

L’argomento è stato da noi trattato in maniera più approfondita su alcuni numeri della rivista Arredo & Città:

http://www.arredoecitta.it/it/riviste/vestite-di-storia/  (pp.6-14)

http://www.arredoecitta.it/it/riviste/made-in-southern-italy/ (pp.7-17; 22-23)

http://www.arredoecitta.it/it/riviste/linfluenza-dellornato-classico-sulle-arti-applicate/ (pp.86-87)

 

[1] La casa reale lasciò la residenza di Portici dopo l’eruzione del Vesuvio del 1767, per trasferirsi nella grande Reggia di Caserta

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Compie 180 anni la prima ferrovia italiana

Posted by on Nov 7, 2019 in Itinerari | 0 comments

 

Era il 3 ottobre 1839 quando la città di Napoli venne collegata alla vicina località costiera di Portici tramite ferrovia. Si trattava della prima comunicazione di questo genere in Italia, nata appena 7 anni dopo la realizzazione della prima strada ferrata del mondo, la Manchester-Liverpool.

Il progetto, che ha festeggiato quest’anno (e proprio nel mese di ottobre) i suoi 180 anni di vita, fu affidato all’ingegnere francese Armando Giuseppe Bayard de la Vingtrie che lo aveva illustrato qualche anno prima a re Ferdinando II di Borbone: l’idea era quella di mettere in comunicazione Napoli con Nocera Inferiore, comprendendo una diramazione per Torre Annunziata e Castellammare di Stabia.  I lavori iniziarono l’8 agosto 1838 e dopo tredici mesi venne ultimato il primo tratto – prima a un solo binario, e poi successivamente a due – fino a Portici.

Nel giorno memorabile dell’inaugurazione il re precedette il convoglio e a mezzogiorno, dalla sua villa del Carrione al Granatello di Portici, diede il segnale di partenza alla locomotiva, pronunciando il celebre discorso che sarebbe poi passato alla storia: “Questo cammino ferrato gioverà senza dubbio al commercio e considerando come tale nuova strada debba riuscire di utilità al mio popolo, assai più godo nel mio pensiero che, terminati i lavori fino a Nocera e Castellammare, io possa vederli tosto proseguiti per Avellino fino al lido del Mare Adriatico”.

 

Salvatore Fergola, Inaugurazione della ferrovia Napoli Portici, 1840

Salvatore Fergola, Inaugurazione della ferrovia Napoli Portici, 1840

Il treno, composto da otto vagoni, impiegò circa dieci minuti a percorrere i 7  chilometri che separavano le due località. A bordo erano presenti 48 invitati oltre a una rappresentanza dell’esercito reale composto da 60 ufficiali, 30 fanti, 30 artiglieri e 60 marinai. In coda viaggiava la banda della guardia reale.

La locomotiva a vapore chiamata “Vesuvio”, venne acquistata dalla società inglese Longridge Starbuck e Co. di Newcastle-upon-Tyne, mentre le carrozze, sia chiuse che aperte, furono prodotte in loco presso i Regi Opifici di Pietrarsa, così come le stesse rotaie, utilizzando il ferro calabrese di Mongiana. In un’area di 34mila mq, adibita a ospitare fucine, ferriere e fonderie, lo stabilimento di Pietrarsa era destinato alla produzione ferroviaria al fine di dotare lo stato di collegamenti moderni ed efficienti.  Nei quaranta giorni successivi all’inaugurazione, 86mila passeggeri viaggiarono sulla linea Napoli-Portici. Il 1º agosto 1842 la ferrovia venne ampliata raggiungendo Castellammare di Stabia, mentre il 20 dicembre 1843 fu inaugurato il tratto Napoli-Caserta e l’anno successivo il collegamento arrivò prima a Pompei e poi, infine, a Nocera Inferiore.

Pietrarsa, Officina locomotive

Pietrarsa, Officina locomotive

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Il Grattacielo della luce

Posted by on Ott 1, 2019 in Architettura e Design, Arte e Luce, Itinerari | 0 comments

General Electric Building è il nome di un grattacielo situato nell’East Side di Manhattan, in prossimità dell’incrocio tra la 52ª strada e Lexington Avenue. La sua peculiarità sta nell’essere stato pensato per ospitare la sede principale della General Electric, società fondata a fine Ottocento da Thomas Edison, inventore della rivoluzionaria lampadina elettrica a filamento incandescente.

L’edificio, progettato nel 1928 dall’architetto John Walter Cross, fu terminato tre anni dopo e divenne subito uno dei simboli architettonici della metropoli statunitense, dichiarato New York City Landmark e annoverato nel prestigioso National Register of Historic Places.

G.E. Building, New York

G.E. Building, New York

Su alcune scelte progettuali ha sicuramente influito la limitrofa chiesa di San Bartolomeo, soprattutto per il tipo di materiali impiegati (mattoni a vista) e per i colori del rivestimento esterno, un accostamento quanto mai indovinato dato che lo stile del G.E Building, pur essendo fortemente ispirato all’Art déco, comprende un complesso apparato decorativo caratterizzato da stilemi di chiara derivazione neogotica.

Il grattacielo si compone di un basamento di 15 piani, rastremato progressivamente verso il venticinquesimo, da dove si innalza la struttura della torre a pianta ottagonale che raggiunge i 195 metri di altezza per un totale di 50 piani. Lo splendido ingresso è situato alla base dell’unico angolo a vista che appare arrotondato e caratterizzato da un incavo scandito da undici coppie di finestre curve alternate a blocchi sagomati di terracotta. Al piano stradale, sopra il portale scolpito in porfido rosso, spicca un orologio in acciaio cromato che riporta il monogramma della General Electric (GE), sormontato da un’ulteriore decorazione allegorica in metallo che rappresenta due braccia le cui mani impugnano una saetta.

La sommità è decisamente l’elemento più caratterizzante. Costituita da un fitto decoro in terracotta a riprodurre un complesso insieme di guglie, pinnacoli e gargoyles,  evoca le forme dei fulmini e delle onde radio; una vera e propria allegoria ideata allo scopo di magnificare la potenza dell’elettricità. A completare il tutto non poteva certo mancare, considerata la funzione cui era destinato l’edificio, un articolato sistema di illuminazione esterno, in particolare proprio sulla cima che di notte la fa apparire come la fiamma di una monumentale torcia accesa.

Dagli anni ’70 gli uffici direttivi della G.E. sono stati trasferiti prima presso il Rockfeller Center e poi, dal 2015, nella nuova sede operativa di Fairfied. Oggi all’interno del grattacielo è ospitato il quartier generale della RCA Records, celebre etichetta discografica sempre di proprietà del gruppo Genereal Electric.

 

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“In Magna Grecia sulla Ciclovia”

Posted by on Set 19, 2019 in Itinerari | 0 comments

 

Sarà la più grande ciclovia del Mediterraneo. Il progetto, approvato in via definitiva dal Ministero delle Infrastrutture, coinvolge la Calabria (ente capofila), la Basilicata e la Sicilia.

La Ciclovia della Magna Grecia, questo il suo nome in quanto attraversa i territori sui quali si insediarono i coloni greci provenienti dalla madrepatria tra l’VIII e il V sec. a.C.  È stata inserita nell’elenco delle dieci piste che andranno ad unire tutta l’Italia in un unico “Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche”, il cui compito è quello di trovare e mettere a disposizione le risorse finanziarie per la progettazione e realizzazione degli itinerari destinati al movimento lento in bicicletta, fenomeno in grande espansione anche nel nostro paese.

Si tratta di un percorso di oltre 1000 km che parte dal versante Tirrenico (Maratea) e scende fino a Reggio Calabria, da dove è possibile prendere due diverse direzioni: una risale la Calabria lungo la costa ionica fino a Metaponto, l’altra, dopo aver attraversato lo stretto di Messina, si spinge fino a Pozzallo, toccando i centri di Catania, Siracusa e Pachino. In Calabria un collegamento trasversale metterà in comunicazione i “due mari”.

 

La ciclovia rappresenta per il Sud – Calabria in particolare – un’idea innovativa, attrattiva ed ecosostenibile. Il mare da solo non basta a far crescere il turismo, è necessario puntare sempre più sull’immenso patrimonio culturale e naturalistico che questo territorio può offrire; la bicicletta rappresenta senza dubbio una straordinaria alternativa ai mezzi di trasporto “tradizionali” per poterlo conoscere a apprezzare  da vicino.

Le novità non finiscono qui. La Ciclovia della Magna Grecia è già parte integrante di uno scenario programmatico e strategico più ampio, che vede questa infrastruttura inserita negli itinerari ciclabili di lunga percorrenza che interessano l’intero territorio europeo. Costituisce, nello specifico, la parte terminale dell’itinerario Eurovelo 7, che attraversa il Continente per 7.400 chilometri lungo la direttrice nord-sud da Capo Nord, in Norvegia, fino all’isola di Malta, passando per Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Austria e Italia. Questa rete si compone di elementi lineari (itinerari o percorsi) e di elementi puntuali (nodi), funzionali a possibili e diversificate modalità di fruizione.

 

 

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Un incontro inaspettato!

Posted by on Set 9, 2019 in Arredo Urbano, Itinerari, Luce | 0 comments

Oggi è considerato un mestiere estinto, eppure bastano pochi passi nella Città Vecchia per constatare con i propri occhi che un esponente di questo lavoro, un tempo rispettabilissimo, esiste ancora. La città è la polacca Breslavia e il protagonista è il lampionaio, un omone alto e grosso che, alle dipendenze del Comune, ogni giorno accende e spegne da solo 103 lampioni funzionanti, come nell’Ottocento, a gas.

È affascinante osservarlo in azione avvolto nella sua livrea – mantello nero e cappello in testa –  mentre stringe in mano il lungo bastone che ha la doppia funzione di spostare la leva di apertura del flusso del gas, posta alla base delle lanterne, e di accendere le fiammelle al loro interno. Cammina a passo deciso e si ferma solo pochi secondi sotto ogni lampione; poiché sono più di cento, il lavoro deve essere terminato prima che faccia completamente buio.

Negli ultimi anni la sua fama e popolarità sono andate aumentando al punto da diventare una delle principali attrazioni turistiche di Breslavia (Wroclaw in polacco), capitale storica della Slesia.

Ostrów Tumski, antica isola sul fiume Oder, oggi saldata alla terraferma, è il quartiere più antico, pittoresco e tranquillo della città. Qui si concentrano alcuni dei monumenti simbolo, come la Cattedrale di San Giovanni Battista, ma è tutta l’area a conservare l’aspetto e il fascino del borgo medievale con la sua atmosfera incantata e le strade acciottolate.

Per godere appieno della sua magia non si può mancare la passeggiata serale in ulica (via) Idziego, illuminata da una miriade di luci a gas, le stesse che si ritrovano anche alle due entrate del Ponte Tumsky, costruito in ferro e rinomato per lo scorcio romantico sul fiume.  A quest’ora il lampionaio è già rincasato, ma qua sono tutti certi che riprenderà la sua attività alle prime luci del nuovo giorno.

 

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