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La Parigi di Eiffel

Posted by on Ott 30, 2023 in Itinerari | 0 comments

In occasione del centenario della morte di Gustave Eiffel (1832-1923) la Cité de l’Architecture et du Patrimoine – situata nel Palais de Chaillot – presenta una mostra inedita dedicata alla Parigi dell’illustre ingegnere. In esposizione mappe dettagliate dei luoghi in cui visse e lavorò, numerosi progetti, anche quelli meno noti, oltre a una serie di documenti che aiutano a comprendere il ruolo e l’influenza della Ville Lumière sulla sua vita professionale e privata. Viene data evidenza anche agli incontri con le grandi personalità del tempo, in particolare la sua collaborazione con lo scultore Auguste Bartholdi per la realizzazione della Statua della Libertà, donata dalla Francia agli Stati Uniti nel 1886, e per la quale fu proprio Eiffel a progettare la struttura portante interna in metallo.

La colossale testa della Statua della Libertà in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Era visitabile al suo interno al prezzo di 5 centesimi

La colossale testa della Statua della Libertà in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Era visitabile al suo interno al prezzo di 5 centesimi

L’intento principale della mostra è quello di mettere in luce la ricchissima e variegata eredità lasciata da Eiffel nel paesaggio parigino, anche attraverso un itinerario urbano che tocca i luoghi più significativi. Tra questi il Palais Galliera, oggi Musée de la Mode, dove Eiffel realizzò la struttura metallica dell’edificio; la passerella sospesa nel parco delle Buttes Chaumont; il cabaret Le Paradis Latin; il magazzino Le Bon Marché; l’ossatura metallica dello Shack, oggi un affascinante cocktail bar e spazio per il coworking, proprio di fronte all’Opéra Garnier.

Lo stesso Palais de Chaillot, sede della mostra, si affaccia sull’opera che più di tutte lo ha reso immortale, la Torre Eiffel. Realizzata in due anni, fu concepita per i cittadini del Ventesimo secolo e consegnata alla storia il 31 marzo del 1889, data di inaugurazione dell’Esposizione Universale. Due milioni e mezzo di bulloni, diecimila tonnellate di ferro, sedicimila travi d’acciaio: con quattro impressionanti piloni a semiarco, Eiffel ancorò il futuro alla spianata del Campo di Marte. Qui il cielo “si impiglia” in cima alla torre, a 324 metri d’altezza, dove i parigini sostenevano che l’aria fosse così buona da guarire persino il morbillo. Eppure, all’inizio la gente non seppe che farsene di tanta ingegneria, sembrava un’impalcatura sbagliata intorno al nulla, sebbene fin da subito ci fosse la fila per salire con gli ascensori in cima al nuovo mondo e godere di una vista impareggiabile sulla città. Ma era snella, sottile, di notte brillava come la luna; pian piano la città si abituò al nuovo gigante di ferro e cominciò a specchiarsi nel suo primato, confermando in pieno le previsioni del suo costruttore, convinto che prima o poi tutti l’avrebbero inevitabilmente amata.

Parigi, la Torre Eiffel è la protagonista dell'Esposizione Universale del 1889

Parigi, la Torre Eiffel è la protagonista dell’Esposizione Universale del 1889

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La fontana di Arcidosso Un capolavoro firmato Fonderia di Follonica

Posted by on Set 18, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Cartolina storica degli anni '40

Cartolina storica degli anni ’40

Alle pendici del Monte Amiata l’ingresso ad Arcidosso (GR) è annunciato da un’elegante fontana pubblica in ghisa che, oltre a rappresentare uno dei monumenti più significativi del borgo, è annoverata tra le prime opere neogotiche della Toscana. La Fonte del Poggiolo, questo il suo nome, venne fusa dalla Fonderia di Follonica nel 1833 su progetto dell’architetto Francesco Leone che la concepì come un di tempietto in stile neogotico a pianta ottagonale posto al di sopra di un basamento in marmo di Caldana.

Originariamente collocata nella piazza principale di Grosseto, la fontana fu rimossa nel 1846 a seguito dei lavori di rifacimento del luogo che si conclusero con il posizionamento, al suo posto, del monumento dedicato a Leopoldo II. Per interessamento della comunità locale si ottenne allora di poterla trasferire e rimontare ad Arcidosso nel 1848. La qualità delle fusioni risulta eccezionale, sia sotto l’aspetto tecnico che artistico; osservato nella sua complessità così come nella minuziosità e cura dei dettagli, il manufatto è testimone di quel processo di ammodernamento industriale voluto dall’autorità granducale, e conferma il ruolo svolto dagli impianti siderurgici di Follonica che primeggiarono per dimensioni e qualità produttiva durante tutta l’età moderna.

La Fonte del Poggiolo, Archivio Fondazione Neri

La Fonte del Poggiolo, Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Soprattutto quando il territorio di Piombino entrò a far parte del Granducato di Toscana, Follonica divenne il più importante centro di lavorazione e fusione del ferro, non solo toscano, ma di tutta Italia. Le ragioni di tale prestigio derivavano dalla vicinanza con le miniere di ferro di Rio, sull’isola d’Elba. Follonica era il punto di approdo più prossimo sul continente, dotato di risorse boschive in grado di fornire carbone vegetale per la combustione e di cadute d’acqua idonee a sviluppare una notevole forza idrica. All’interno della fonderia un reparto apposito, coadiuvato da una scuola di disegno e di scultura, fu in grado di realizzare per decenni oggetti decorativi e di arredo urbano di pregio.

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

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Restaurare con la luce

Posted by on Lug 18, 2023 in Arte e Luce, Luce | 0 comments

Restaurare gli affreschi con la luce. Oggi questo appare possibile grazie a una rivoluzionaria tecnologia brevettata dall’Università di Bologna e realizzata in collaborazione con il CSICConsejo Superior de Investigaciones Científicas (Spagna).

L’intervento, ancora in fase sperimentale, consiste nell’utilizzo di una particolare soluzione acquosa che, applicata sulla superficie da trattare e irradiata con una fonte luminosa a una specifica lunghezza d’onda, permette di dissolvere i cristalli di carbonato di calcio, una delle principali cause di deterioramento degli affreschi. Originati dalla reazione tra l’anidride carbonica nell’atmosfera e gli ioni metallici presenti nell’acqua, i carbonati possono infatti attaccare porzioni anche molto piccole di un affresco e fino ad ora potevano essere rimossi solamente utilizzando miscele di solventi in molti casi tossiche.

“Poter utilizzare la luce per controllare la dissoluzione del carbonato di calcio fa sì che il processo possa avvenire in modo molto localizzato, con un’elevata precisione, solo nell’area illuminata. Inoltre, basandosi sull’utilizzo di soluzioni acquose e utilizzando una sorgente luminosa a basso costo, questa tecnica è anche economica e sicura per gli operatori che si occupano di restauro” spiega Marco Montalti, professore del Dipartimento di Chimica Giacomo Ciamician dell’Alma Mater che ha coordinato lo studio.

Un altro aspetto davvero interessante è rappresentato dal fatto che potenzialmente il trattamento con la luce può essere applicato anche ad altre tipologie di opere d’arte quali dipinti, stampe, mosaici, sculture e monumenti.

Bologna, la luce che «ringiovanisce» le opere d’arte segnate dal tempo – CorrierediBologna.it

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“Un amore di ferro”

Posted by on Mag 25, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Installazioni artistiche, Itinerari | 0 comments

Il lampione nasce per illuminare, la panchina è creata per il riposo, la pausa e richiama alla mente la quiete, il verde, la lettura, la conversazione. Due cuori su una panchina, sotto la luce di un lampione, rappresentano una delle immagini in assoluto più iconiche dell’amore universale. La letteratura, l’arte, il mondo del cinema, ci offrono un campionario pressoché infinito di esempi, ma chi di noi non si è seduto, almeno una volta nella vita, su una panchina con la persona amata?

A Torino tra le numerose aiuole fiorite, i corsi d’acqua e i ponticelli del Giardino Roccioso, all’interno del Parco del Valentino, esiste una panchina che ospita una coppia davvero insolita di innamorati: si tratta di due lampioni in ghisa verniciati di verde. L’opera è firmata da Rodolfo Marasciuolo, il giardiniere-artista che orami da anni impreziosisce i giardini e le aree verdi torinesi con le sue creazioni.

Torino, i lampioni innamorati, foto Chiara Remor

Torino, i lampioni innamorati, foto Chiara Remor

I lampioni esprimono un senso di grande complicità e tenerezza, non hanno braccia, ma sembrano abbracciati, e uno dei due china la testa, pardon la lanterna, sulla spalla immaginaria della dolce metà. Considerato il materiale impiegato per realizzarli – la ghisa – la stessa usata per circa un secolo nella produzione di tutti i lampioni per l’illuminazione pubblica, è proprio il caso di dire che il loro è un amore di ferro, col passare del tempo si potrà certo “arrugginire”, ma con una adeguata manutenzione tornerà sicuramente più forte di prima.

Numerosi i cittadini e i turisti che si fermano ad ammirarli e a immortalarli nelle fotografie; tra l’altro, come accennato sopra, l’opera è collocata in uno dei punti più affascinati del Parco del Valentino, che è anche il più famoso e antico parco della città. Già in uso durante il Medioevo, la sua vera trasformazione in parco pubblico si deve a Napoleone e all’abbattimento delle mura nella seconda metà dell’800. Non ancora completato iniziò ad ospitare le grandi esposizioni, nazionali e internazionali, che si tennero dal 1829 al 1961. Proprio in occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884 venne creato il cosiddetto Borgo Medievale, o del Valentino, con la Rocca.

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Un anno con la Brunt

Posted by on Apr 17, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Luce | 0 comments

 

Si tratta di un opuscolo pubblicitario, in evidente stile Liberty, pubblicato da una delle più importanti fonderie artistiche del passato, la Compagnia Anonima Continentale, già J. Brunt & C. Un indubbio strumento pubblicitario, in quanto fungeva da calendario per l’anno 1904. Accanto a ciascun mese, inquadrato all’interno di un’elegante cornice, figurano diverse tipologie di oggetti, in particolare lampade e lampadari artistici per l’illuminazione domestica, pali e candelabri per quella stradale.

Ciò è la riprova di quanto la luce rappresentasse l’ambito di attività privilegiata della Brunt, di cui Milano ospitava sia la sede produttiva, ubicata  in via Quadronno, sia quella di via Dante destinata alla vendita. La sede sociale era a Parigi, in Rue Petrelle, mentre succursali erano presenti a Torino, Roma, Napoli, Lione, Bordeaux e Bruxelles. Premiata con medaglia d’oro alle Esposizioni di Parigi 1867-1872-1878-1889-1900, Torino1884-1898, Milano 1881 e Genova 1892. Tutte queste informazioni sono contenute nel prezioso documento sopra citato, che è andato di recente ad arricchire il patrimonio archivistico della Fondazione Neri.

A partire dal secondo decennio del Novecento, lampade elettriche sempre più performanti, frutto delle moderne tecnologie, iniziarono ad essere installate anche – e soprattutto – sulla cima dei suoi pali in fusione di ghisa per illuminare alcune delle principali piazze e strade italiane. I modelli più noti, alti fino a otto metri e impreziositi da raffinati decori vegetali, fecero la loro comparsa a Milano (compresa piazza Duomo), Torino, Genova, Parma, Verona, Roma, Napoli.

Ironia della sorte, di questo stabilimento, in passato così importante e prestigioso,scarseggia la documentazione, in particolare quella relativa ai disegni e ai cataloghi di vendita. Per questo motivo acquista ancora più valore e importanza il documento cartaceo di recente recuperato.

Per maggiori informazioni sulla Compagnia Continentale già  J. Brunt si veda Arredo & Città 1-2013 (pp. 17-20; 40-43) https://www.arredoecitta.it/it/riviste/le-fonderie-del-nord-italia/

 

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