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Torino: Caffè storici e luce a gas

Posted by on Feb 20, 2024 in Il mondo della ghisa | 0 comments

I Caffè storici di Torino rappresentano un patrimonio culturale che appartiene alla collettività. Hanno accolto ai loro tavoli patrioti, esuli, artisti, parlamentari. Sono luoghi che contengono ricordi, cimeli, arredi. Dagli anni ‘90 una legge regionale li tutela e salvaguardia, ciò ha favorito il loro inserimento nel circuito turistico nazionale e internazionale.

Caffè Mulassano (Torino) By Bettylella – Own work, CC BY-SA 4.0
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=75906373

Non tutti sanno, però, che i Caffè torinesi furono anche i primi locali pubblici ad adottare l’illuminazione a gas, alcuni addirittura molto prima della sua diffusione nelle strade e nelle piazze cittadine. Il primato spetta al Caffè Gianotti (in seguito San Carlo) che impiegò il gas sin dal 1823, 14 anni prima che l’ingegnere francese Ippolito Gautier fondasse l’omonima Compagnia del Gas.

Esterno del Caffè Nazionale (Torino come era, 1880-1915)
Interno del Caffè San Carlo

L’utilizzo di eleganti lampadari – a uno o più becchi – e di lampade fissate a parete mediante un braccio in ferro o in ghisa, serviva ai Caffè per attirare i clienti e farsi pubblicità sui giornali. Nella Gazzetta Piemontese del 1 febbraio 1838 si poteva leggere: Caffè del Corso, Illuminazione a gas, Musica corale strumentale, dalle cinque alle nove pomeridiane.[1]

Ciò non esclude che in quegli anni esistessero locali che utilizzavano ancora l’olio, sia perché i proprietari non erano in grado – pur apprezzando la novità – di sostenere la spesa per la nuova illuminazione, sia perché la loro clientela era ostile al cambiamento e non intendeva rinunciare alle stravecchie lampade ad olio. Ad ogni modo dalla metà del XIX secolo i Caffè furono alla testa di coloro che adottarono il gas, e contribuirono in maniera decisiva alla trasformazione del volto notturno di Torino.

Alcune tipologie di lampadari e lampade a muro funzionanti a gas

Alla storia dell’illuminazione pubblica di Torino, compresa quella a gas, la Fondazione Neri ha dedicato  un’approfondita ricerca pubblicata sul numero 2-2023 della rivista Arredo & Città

PROGRESSO E CAMBIAMENTO DEL GUSTO – Arredo & Città (arredoecitta.it)


[1] R. Cerutti – E. Gianeri, L’officina del gas di Porta Nuova a Torino, p. 159

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“Un’insolita grotta”

Posted by on Dic 18, 2023 in Il mondo della ghisa | 0 comments

Dall’8 dicembre al 14 gennaio 2024 il borgo medievale di Longiano si trasforma nella “Longiano dei presepi”. I visitatori potranno rivivere un’autentica atmosfera natalizia, ricca di suggestioni culturali, unica in Romagna. L’evento, giunto alla sua 33ª edizione, è interamente dedicato agli 800 anni dal primo Presepe di San Francesco d’Assisi.

Tra le grandi novità di quest’anno spiccano le passeggiate-spettacolo dedicate all’essenza del Natale lungo un itinerario che tocca decine di allestimenti collocati nelle piazze, strade, giardini, musei e angoli suggestivi del centro storico.

Presso il Museo Italiano della Ghisa è sempre stata fatta la scelta di inserire il presepe in un contesto che richiami lo specifico del nostro allestimento (negli anni sono stati impiegati, ad esempio, decori in ghisa, lanterne, modelli, basamenti di pali monumentali). Per l’edizione 2023-24 si è pensato di ospitare la Natività in “un’insolita grotta” che consiste in una vera e propria cassa d’anima.

Di cosa si tratta? In fonderia il modello rappresenta la figura dell’oggetto che si vuole ottenere. Se questo presenta dei vuoti interni – per esempio un palo della luce in ghisa – a realizzarli è l’anima. Anche l’anima deve essere prodotta tramite un modello, in questo caso detto cassa d’anima, che ne riproduce la forma stessa in negativo. Le casse, generalmente in legno o in materiale metallico, sono costituite da due matrici che, una volta chiuse, riproducono la cavità corrispondente all’anima. Questo è il singolare contenitore all’interno e attorno al quale va in scena il nostro presepe.

Sede: Museo Italiano della Ghisa, presso chiesa di Santa Maria delle Lacrime , via Santa Maria, Longiano (FC)

Orari: sabato, domenica e festivi dalle 14.30 alle 18.00; dal 23 dicembre al 7 gennaio ogni giorno dalle 14.30 alle 18.30

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La Parigi di Eiffel

Posted by on Ott 30, 2023 in Itinerari | 0 comments

In occasione del centenario della morte di Gustave Eiffel (1832-1923) la Cité de l’Architecture et du Patrimoine – situata nel Palais de Chaillot – presenta una mostra inedita dedicata alla Parigi dell’illustre ingegnere. In esposizione mappe dettagliate dei luoghi in cui visse e lavorò, numerosi progetti, anche quelli meno noti, oltre a una serie di documenti che aiutano a comprendere il ruolo e l’influenza della Ville Lumière sulla sua vita professionale e privata. Viene data evidenza anche agli incontri con le grandi personalità del tempo, in particolare la sua collaborazione con lo scultore Auguste Bartholdi per la realizzazione della Statua della Libertà, donata dalla Francia agli Stati Uniti nel 1886, e per la quale fu proprio Eiffel a progettare la struttura portante interna in metallo.

La colossale testa della Statua della Libertà in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Era visitabile al suo interno al prezzo di 5 centesimi

La colossale testa della Statua della Libertà in mostra all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Era visitabile al suo interno al prezzo di 5 centesimi

L’intento principale della mostra è quello di mettere in luce la ricchissima e variegata eredità lasciata da Eiffel nel paesaggio parigino, anche attraverso un itinerario urbano che tocca i luoghi più significativi. Tra questi il Palais Galliera, oggi Musée de la Mode, dove Eiffel realizzò la struttura metallica dell’edificio; la passerella sospesa nel parco delle Buttes Chaumont; il cabaret Le Paradis Latin; il magazzino Le Bon Marché; l’ossatura metallica dello Shack, oggi un affascinante cocktail bar e spazio per il coworking, proprio di fronte all’Opéra Garnier.

Lo stesso Palais de Chaillot, sede della mostra, si affaccia sull’opera che più di tutte lo ha reso immortale, la Torre Eiffel. Realizzata in due anni, fu concepita per i cittadini del Ventesimo secolo e consegnata alla storia il 31 marzo del 1889, data di inaugurazione dell’Esposizione Universale. Due milioni e mezzo di bulloni, diecimila tonnellate di ferro, sedicimila travi d’acciaio: con quattro impressionanti piloni a semiarco, Eiffel ancorò il futuro alla spianata del Campo di Marte. Qui il cielo “si impiglia” in cima alla torre, a 324 metri d’altezza, dove i parigini sostenevano che l’aria fosse così buona da guarire persino il morbillo. Eppure, all’inizio la gente non seppe che farsene di tanta ingegneria, sembrava un’impalcatura sbagliata intorno al nulla, sebbene fin da subito ci fosse la fila per salire con gli ascensori in cima al nuovo mondo e godere di una vista impareggiabile sulla città. Ma era snella, sottile, di notte brillava come la luna; pian piano la città si abituò al nuovo gigante di ferro e cominciò a specchiarsi nel suo primato, confermando in pieno le previsioni del suo costruttore, convinto che prima o poi tutti l’avrebbero inevitabilmente amata.

Parigi, la Torre Eiffel è la protagonista dell'Esposizione Universale del 1889

Parigi, la Torre Eiffel è la protagonista dell’Esposizione Universale del 1889




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La fontana di Arcidosso Un capolavoro firmato Fonderia di Follonica

Posted by on Set 18, 2023 in Arredo Urbano, Il mondo della ghisa, Itinerari | 0 comments

Cartolina storica degli anni '40

Cartolina storica degli anni ’40

Alle pendici del Monte Amiata l’ingresso ad Arcidosso (GR) è annunciato da un’elegante fontana pubblica in ghisa che, oltre a rappresentare uno dei monumenti più significativi del borgo, è annoverata tra le prime opere neogotiche della Toscana. La Fonte del Poggiolo, questo il suo nome, venne fusa dalla Fonderia di Follonica nel 1833 su progetto dell’architetto Francesco Leone che la concepì come un di tempietto in stile neogotico a pianta ottagonale posto al di sopra di un basamento in marmo di Caldana.

Originariamente collocata nella piazza principale di Grosseto, la fontana fu rimossa nel 1846 a seguito dei lavori di rifacimento del luogo che si conclusero con il posizionamento, al suo posto, del monumento dedicato a Leopoldo II. Per interessamento della comunità locale si ottenne allora di poterla trasferire e rimontare ad Arcidosso nel 1848. La qualità delle fusioni risulta eccezionale, sia sotto l’aspetto tecnico che artistico; osservato nella sua complessità così come nella minuziosità e cura dei dettagli, il manufatto è testimone di quel processo di ammodernamento industriale voluto dall’autorità granducale, e conferma il ruolo svolto dagli impianti siderurgici di Follonica che primeggiarono per dimensioni e qualità produttiva durante tutta l’età moderna.

La Fonte del Poggiolo, Archivio Fondazione Neri

La Fonte del Poggiolo, Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Soprattutto quando il territorio di Piombino entrò a far parte del Granducato di Toscana, Follonica divenne il più importante centro di lavorazione e fusione del ferro, non solo toscano, ma di tutta Italia. Le ragioni di tale prestigio derivavano dalla vicinanza con le miniere di ferro di Rio, sull’isola d’Elba. Follonica era il punto di approdo più prossimo sul continente, dotato di risorse boschive in grado di fornire carbone vegetale per la combustione e di cadute d’acqua idonee a sviluppare una notevole forza idrica. All’interno della fonderia un reparto apposito, coadiuvato da una scuola di disegno e di scultura, fu in grado di realizzare per decenni oggetti decorativi e di arredo urbano di pregio.

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri

Archivio Fondazione Neri




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Restaurare con la luce

Posted by on Lug 18, 2023 in Arte e Luce, Luce | 0 comments

Restaurare gli affreschi con la luce. Oggi questo appare possibile grazie a una rivoluzionaria tecnologia brevettata dall’Università di Bologna e realizzata in collaborazione con il CSICConsejo Superior de Investigaciones Científicas (Spagna).

L’intervento, ancora in fase sperimentale, consiste nell’utilizzo di una particolare soluzione acquosa che, applicata sulla superficie da trattare e irradiata con una fonte luminosa a una specifica lunghezza d’onda, permette di dissolvere i cristalli di carbonato di calcio, una delle principali cause di deterioramento degli affreschi. Originati dalla reazione tra l’anidride carbonica nell’atmosfera e gli ioni metallici presenti nell’acqua, i carbonati possono infatti attaccare porzioni anche molto piccole di un affresco e fino ad ora potevano essere rimossi solamente utilizzando miscele di solventi in molti casi tossiche.

“Poter utilizzare la luce per controllare la dissoluzione del carbonato di calcio fa sì che il processo possa avvenire in modo molto localizzato, con un’elevata precisione, solo nell’area illuminata. Inoltre, basandosi sull’utilizzo di soluzioni acquose e utilizzando una sorgente luminosa a basso costo, questa tecnica è anche economica e sicura per gli operatori che si occupano di restauro” spiega Marco Montalti, professore del Dipartimento di Chimica Giacomo Ciamician dell’Alma Mater che ha coordinato lo studio.

Un altro aspetto davvero interessante è rappresentato dal fatto che potenzialmente il trattamento con la luce può essere applicato anche ad altre tipologie di opere d’arte quali dipinti, stampe, mosaici, sculture e monumenti.

Bologna, la luce che «ringiovanisce» le opere d’arte segnate dal tempo – CorrierediBologna.it




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